martedì 1 maggio 2007
Il tempo galoppa, la vita sfugge tra le mani. Ma può sfuggire come sabbia oppure come una semente.Il greco téktôn, usato nel Vangelo di Marco (6, 3) per definire la professione di Gesù secondo i suoi concittadini nazaretani, comprende vari significati: "artigiano, falegname, fabbro, muratore", e riflette forse l"aramaico nagara che indicava sia chi operava nell"arredamento domestico, sia chi lavorava nel campo dell"edilizia. Non è, perciò, solo Giuseppe ma anche Gesù ad avere preso tra le mani ferro e legno ed aver occupato giornate nel rifinire un utensile o riparare un mobile. E allora il pensiero può correre proprio agli anni di Cristo, a noi ignoti, trascorsi in quello sperduto villaggio settentrionale della Terra santa. Anni come quelli di tanti lavoratori, anni come quelli di tante persone che forse non vedono l"ora di approdare alla pensione o di staccare da una vita frenetica. Sta di fatto che tutti siamo inseriti nel tempo, che passa con ritmi non sempre uguali, ma inesorabilmente scorre via. Ecco, allora, il valore della frase che oggi propongo, desumendola da un notissimo scrittore spirituale, Thomas Merton (1915-1968), nato in Francia, vissuto in una trappa americana e morto a Bangkok. Si può, infatti, far sfuggire dalle mani ore e giorni come se fossero aridi granelli di sabbia, simili a quelli che sono nelle clessidre, espressione solo di un vuoto, di un non-senso, di rassegnazione. Oppure si può rendere quegli istanti come un seme che si deposita nel terreno della storia e, anche se tanti chicchi sono annientati da sassi e rovi, ce ne sono molti che attecchiscono, crescono e fruttificano. Solo così non si "ammazzerà" il tempo ma lo si vivrà veramente.
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