«In Medio Oriente tanta disumanità» Serve vedere, ricordare e non odiare
Caro Avvenire, il macabro spettacolo inscenato da Hamas dice bene chi sono questi pseudo portatori dei diritti palestinesi
Caro Avvenire, il macabro spettacolo inscenato da Hamas dice bene chi sono questi pseudo portatori dei diritti palestinesi, quello che hanno fatto consegnando i cadaveri di quattro ostaggi è l’espressione raccapricciante della loro disumanità. Noi non possiamo accettare che la morte diventi spettacolo, quelle immagini non avrebbero dovuto essere diffuse. Bisognava oscurare le riprese e scrivere sullo sfondo nero: “Qui non c’è l’umano”. Gianni Mereghetti
Caro Mereghetti, è con grande dolore che dobbiamo ancora una volta sottolineare come il sentimento di umanità – il riconoscere nell’altro una persona uguale a noi – si sia spesso eclissato, nell’ultimo anno e mezzo, proprio in quella che chiamiamo Terra Santa. Non solo abbiamo visto una progressione dall’inimicizia all’odio, dal terrorismo alla guerra per toccare infine la brutalità gratuita. Abbiamo anche assistito alla disumanizzazione del nemico – l’escluderlo dal novero dei nostri simili e negargli qualsiasi dignità –, che ha condotto a episodi come quello da lei descritto. Successivamente, con ulteriore oltraggio, un ostaggio è stato obbligato a baciare uno dei miliziani al momento della liberazione. Gioverà in questo caso ricordare che non si tratta di uno scambio di prigionieri, come avviene durante o dopo un conflitto, ma di un accordo asimmetrico nei numeri e nella sostanza: da una parte, vengono rilasciati alcuni civili innocenti catturati con la forza da Hamas durante il pogrom del 7 ottobre 2023; dall’altra, sono scarcerati numerosi detenuti palestinesi, molti dei quali (non tutti, a dire il vero) regolarmente processati per reati commessi in precedenza. Se vogliamo adottare un’analisi realista della vicenda, attraverso queste articolate e macabre messinscena – umilianti per gli israeliani – i combattenti di Gaza vogliono dimostrare di essere ancora forti e in controllo del territorio, un messaggio sia a uso interno sia a uso esterno. Inoltre, l’intera procedura così concepita mira a costituire una forma di rivalsa per la popolazione della Striscia, cui Israele ha reagito con uno stop provvisorio all’intesa. Senza mai dimenticare che è stato il raccapricciante attacco contro ragazzi radunati per un concerto e famiglie inermi nelle loro case a infiammare il conflitto e a provocare un’azione militare inizialmente giustificata, oggi si deve considerare la sproporzione verificatasi nella risposta di Tel Aviv, che ha provocato un altissimo numero di vittime tra non combattenti: bambini, donne e anziani. Saranno la magistratura e gli storici a ricostruire meglio tanti episodi e le responsabilità associate, così come a dare una lettura unitaria e più distaccata di quanto si possa fare adesso a caldo, spesso con visioni di parte o comprensibilmente offuscate dal dolore. Quello cui siamo ora chiamati, caro Mereghetti, è tenere vivo il senso di umanità da lei evocato. E lo si fa in Medio Oriente con l’attenzione a non generalizzare, a non trasformare un intero popolo (l’uno e l’altro) in colpevole di crimini orrendi, in un soggetto unitario con il quale risulti impossibile la convivenza. E nel cercare di costruire strade di giustizia e di pace. Non lo si fa invece, mi pare, censurando immagini o cancellando la realtà di quanto accade. Anzi, solo conoscendo e comprendendo possiamo essere cittadini informati e consapevoli. Ciò non significa assecondare la cinica propaganda palestinese, ma neppure edulcorare ciò che è avvenuto a Gaza. Ho visto un servizio televisivo in cui si raccontava di abitanti che dopo la tregua tornavano a casa, si preparavano una bevanda e la sorbivano sul terrazzino pericolante mettendo un fiore sul vassoio. Come dire: si torna già alla normalità. In questo modo, però, cancelliamo negli spettatori sommersi da un fiume di notizie il fatto che le città della Striscia sono rase al suolo e i morti hanno forse superato quota 50mila. Meglio vedere, ricordare e imparare a non odiare. © riproduzione riservata
Caro Mereghetti, è con grande dolore che dobbiamo ancora una volta sottolineare come il sentimento di umanità – il riconoscere nell’altro una persona uguale a noi – si sia spesso eclissato, nell’ultimo anno e mezzo, proprio in quella che chiamiamo Terra Santa. Non solo abbiamo visto una progressione dall’inimicizia all’odio, dal terrorismo alla guerra per toccare infine la brutalità gratuita. Abbiamo anche assistito alla disumanizzazione del nemico – l’escluderlo dal novero dei nostri simili e negargli qualsiasi dignità –, che ha condotto a episodi come quello da lei descritto. Successivamente, con ulteriore oltraggio, un ostaggio è stato obbligato a baciare uno dei miliziani al momento della liberazione. Gioverà in questo caso ricordare che non si tratta di uno scambio di prigionieri, come avviene durante o dopo un conflitto, ma di un accordo asimmetrico nei numeri e nella sostanza: da una parte, vengono rilasciati alcuni civili innocenti catturati con la forza da Hamas durante il pogrom del 7 ottobre 2023; dall’altra, sono scarcerati numerosi detenuti palestinesi, molti dei quali (non tutti, a dire il vero) regolarmente processati per reati commessi in precedenza. Se vogliamo adottare un’analisi realista della vicenda, attraverso queste articolate e macabre messinscena – umilianti per gli israeliani – i combattenti di Gaza vogliono dimostrare di essere ancora forti e in controllo del territorio, un messaggio sia a uso interno sia a uso esterno. Inoltre, l’intera procedura così concepita mira a costituire una forma di rivalsa per la popolazione della Striscia, cui Israele ha reagito con uno stop provvisorio all’intesa. Senza mai dimenticare che è stato il raccapricciante attacco contro ragazzi radunati per un concerto e famiglie inermi nelle loro case a infiammare il conflitto e a provocare un’azione militare inizialmente giustificata, oggi si deve considerare la sproporzione verificatasi nella risposta di Tel Aviv, che ha provocato un altissimo numero di vittime tra non combattenti: bambini, donne e anziani. Saranno la magistratura e gli storici a ricostruire meglio tanti episodi e le responsabilità associate, così come a dare una lettura unitaria e più distaccata di quanto si possa fare adesso a caldo, spesso con visioni di parte o comprensibilmente offuscate dal dolore. Quello cui siamo ora chiamati, caro Mereghetti, è tenere vivo il senso di umanità da lei evocato. E lo si fa in Medio Oriente con l’attenzione a non generalizzare, a non trasformare un intero popolo (l’uno e l’altro) in colpevole di crimini orrendi, in un soggetto unitario con il quale risulti impossibile la convivenza. E nel cercare di costruire strade di giustizia e di pace. Non lo si fa invece, mi pare, censurando immagini o cancellando la realtà di quanto accade. Anzi, solo conoscendo e comprendendo possiamo essere cittadini informati e consapevoli. Ciò non significa assecondare la cinica propaganda palestinese, ma neppure edulcorare ciò che è avvenuto a Gaza. Ho visto un servizio televisivo in cui si raccontava di abitanti che dopo la tregua tornavano a casa, si preparavano una bevanda e la sorbivano sul terrazzino pericolante mettendo un fiore sul vassoio. Come dire: si torna già alla normalità. In questo modo, però, cancelliamo negli spettatori sommersi da un fiume di notizie il fatto che le città della Striscia sono rase al suolo e i morti hanno forse superato quota 50mila. Meglio vedere, ricordare e imparare a non odiare. © riproduzione riservata
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