
La prima scena è quasi alla Dario Argento: una donna che pugnala al petto un’altra donna con conseguente fiotto di sangue. Ma appena l’inquadratura si allarga si capisce che è una messa in scena, uno spettacolo teatrale. Il problema è che qualcuno in teatro, a New York, sta mettendo in atto un vero omicidio e guarda caso lo fa con una messa in scena perfetta o quasi: perfetta per la polizia, imperfetta per una svampita avvocatessa abbigliata in modo improbabile con vestiti floreali e più borse colorate a tracolla. Lei è Elsbeth Tascioni, alias Carrie Preston, protagonista dell’omonima serie statunitense, Elsbeth, cosiddetto spin-off (derivazione) da legal drama di successo come The good wife e The good fight. Un omicidio fatto passare per suicidio è invece il caso del primo episodio, «Errori di ortografia», andato in onda sabato scorso in prima serata su Rai 2, seguito da «Un classico personaggio di New York». E come succede in altri giallo-polizieschi simili (ad esempio Colombo), anche negli episodi di Elsbeth si parte dal fondo, ovvero dall’omicidio mostrando il colpevole. Dopo di che l’interesse è tutto per come la strampalata donna di legge riesce, attraverso dettagli all’apparenza insignificanti, a ricostruire l’azione e il movente del crimine, dimostrandosi ingenua e astuta, ironica e spregiudicata, ma soprattutto un’ottima osservatrice. Nel primo episodio arriva alla soluzione del caso notando piccoli errori di battitura e l’uso di doppi spazi dopo il punto nei messaggi telefonici da parte dell’assassino. Nel secondo tutto parte da una borsa a volte indossata e a volte no dalla colpevole. Elsbeth tra l’altro, dopo una brillante carriera forense a Chicago, è arrivata a New York per aiutare la polizia locale, ma anche per indagare, in qualche modo sotto copertura, sul suo stesso capitano sospettato di corruzione. La serie si muove pertanto tra il poliziesco e il giudiziario, la commedia e il giallo. Non inventa niente di nuovo, ma si rivela, nel suo intento di intrattenimento senza troppe pretese, piuttosto piacevole per il bizzarro personaggio di Elsbeth, per l’ironia che l’accompagna, per l’accennata ricostruzione del delitto e la modalità con cui si arriva al colpevole, ma anche per la durata dei singoli episodi contenuti in una quarantina di minuti al netto della pubblicità. Insomma, un prodotto leggero che si fa forte del genere poliziesco che continua ad andare per la maggiore. Dal punto di vista degli ascolti, l’esordio però non è andato nel migliore dei modi registrando meno di 900 mila telespettatori in una serata dominata da C’è posta per te su Canale 5 (4 milioni e 864 mila) e in cui Rai 1, con Ora o mai più, ha raccolto gran parte del resto dei teleutenti a quell’ora sintonizzati (2 milioni e 256.000 mila). Meglio di Rai 2 anche La 7 con oltre un milione di telespettatori a seguire In altre parole.
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