Più bonifiche per salvare il territorio
sabato 18 febbraio 2012
Nell'ultimo anno si è fatto poco o nulla, adesso occorre fare di più e spendere più soldi. La morale della gestione dell'acqua e del territorio in Italia è questa. A dirlo - con numeri e fatti - è stata l'associazione nazionale Bonifiche e Irrigazioni (Anbi), che come ogni anno ha presentato le sue proposte per un "Piano di riduzione del rischio idrogeologico in Italia". Una cosa seria, che difficilmente però troverà applicazione compiuta. Eppure, così dovrebbe essere, visto che acqua e territorio vanno di pari passo con sicurezza e produzione alimentare. Senza contare che, sparsi lungo lo Stivale, vi sono 6.633 comuni (l'82% del totale), che interessano quasi tre milioni di ettari, in pericolo per il dissesto idrogeologico. E senza contare che, negli ultimi 80 anni, si sono verificati circa 5.400 alluvioni e 11mila frane. Per tamponare i danni - dice sempre Anbi -, lo Stato spende oltre 2 miliardi l'anno, ai quali va aggiunto un altro miliardo e mezzo per gli interventi minori. E tutto senza mettere nel conto la perdita di terreno agricolo e quindi di produzione alimentare.
Secondo l'associazione, il messaggio è molto chiaro e soprattutto semplice: meno emergenza, più prevenzione, cioè più programmazione. Chiarezza e semplicità, tuttavia, non vanno di pari passo con la pratica. Nel 2011 la proposta dell'Anbi prevedeva 2.519 interventi immediatamente cantierabili, per un importo di 5.728 milioni di euro; nel 2012 gli interventi sono diventati 2.943, per un importo complessivo di 6.812 milioni di euro. Un miliardo in più che pesa come un macigno sullo Stato. Eppure, in gran parte, ciò che viene proposto non è altro che manutenzione straordinaria di opere di canalizzazione delle acque e di scolo e di sistemazioni e regolazione idraulica nei territori in cui operano i Consorzi di bonifica, cioè proprio quegli strumenti operativi che già devono gestire acqua e territorio.
Certo, di fronte alla necessità di effettuare grandi lavori, occorre anche avere grandi risorse finanziarie che oggi non ci sono. Ma occorre anche possedere la capacità strategica per mettere a confronto i danni provocati dalla mala gestione dell'acqua, con quanto deve essere speso per evitarli. Solo in due anni, l'Italia ha sopportato danni idrogeologici per due miliardi nel 2011 e per altri tre nell'anno precedente.
La conclusione del ragionamento di Anbi è poi quasi scontata, ma drammaticamente ignorata. «La tutela e il risanamento idrogeologico del territorio - dicono i consorzi - devono costituire priorità strategiche per garantire, al Paese, le condizioni territoriali indispensabili per la ripresa della crescita economica». Un concetto chiaro, avvalorato anche dal fatto che ogni milione di euro, investito in manutenzione del territorio, genera sette nuovi posti di lavoro; se il piano di Anbi fosse applicato per davvero, verrebbero creati circa 47mila posti di lavoro nuovi. Non male in tempi di crisi.
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