Per razzismo no, per Covid invece il calcio si ferma in corsa
martedì 7 settembre 2021
Questa rubrica che, ribadiamo è dedicata alla memoria dello scriba massimo, anche di calcio, Osvaldo Soriano, trasloca sulla pagina del martedì, ma non cambia la sua vocazione a parlare di pensatori o presunti tali con i piedi, della settimana che ci ha preceduti, domenica compresa ovviamente. E la cronaca domenicale ci porta proprio nell'Argentina di Soriano, passando per il Brasile. Da San Paolo, la città della Democracia Corinthiana del dottor Socrates, un blitz in campo ordito proprio dai dottori, dai medici. Al 6' di Brasile-Argentina, all'Arena Corinthians, gara valida per la qualificazione ai Mondiali di Qatar 2022, abbiamo assistito all'invasione di campo dello staff sanitario della Seleçao. Un sit-in supportato dall'allarme rosso lanciato dalla Asl paulista che abbiamo scoperto essere forte quanto quella di Napoli che, la stagione scorsa, proibì a Insigne e compagni di rispondere alla trasferta con la Juventus, causa Covid dei suoi tesserati. Per la stessa ragione medico sportivo, massaggiatore, fisioterapista e portantino del Brasile hanno intimato all'arbitro, il signor Velenzuela (venezuelano) a interrompere la partita perché quattro calciatori argentini, tutti tesserati per club della Premier inglese non hanno comunicato la loro provenienza. Ergo non si sono attenuti alle regole internazionali della quarantena precauzionale. Trattasi di Lo Celso, l'ex atalantino ora al Tottenham Romero, Emiliano Martinez e Buendìa. I magnifici quattro, considerati dai brasiliani dei potenziali untori non avrebbero dovuto scendere in campo in quanto provenienti da quel Regno Unito che con Sudafrica e India è considerata la “zona più rossa” del pianeta marcato a uomo dalla pandemia. I quattro argentini volevano fare i furbi? No, hanno semplicemente omesso di dichiarare che venivano dall'Inghilterra e questo in accordo probabilmente con la federazione argentina che da tre giorni prima del match si trovava in Brasile. Ingenuità o premeditazione che sia, siamo dinanzi a un caso di ignoranza delle regole sulla sicurezza sanitaria. E l'ignoranza si sa, non è scusabile. Ma fa sorridere anche che l'agenzia sanitaria brasiliana, Anvisa, si sia accorta dell'anomalia, intimando non lo stop ma di non far schierare all'Argentina i quattro “inglesi”. Il Covid comunque conferma che è più potente di un'altra pandemia sociale e globale come il razzismo. a Budapest, alla Puskas Arena, per i «buu» e gli insulti di stampo razziale rivolti ai calciatori di colore della nazionale inglese (in particolar modo a Sterling) durante la partita di giovedì scorso contro l'Ungheria, nonostante esista una norma specifica (Uefa e Fifa) sull'antirazzismo da stadio che prevede la possibilità da parte dell'arbitro di interrompere la gara, si è proseguito fino al triplice fischio finale. La palla dell'inciviltà dei tifosi ungheresi ora sarà materia di indagine della labile giustizia sportiva, e lo stesso accadrà per Brasile-Argentina. Risultato, Covid e razzismo piaghe sempre aperte e difficilmente rimarginabili, anche su un campo di pallone.
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