Nella Rete, svariate "omelie" sul Vangelo delle Beatitudini
mercoledì 1 febbraio 2017
Se fossi un parroco, proverei una certa inquietudine ogni volta che il calendario liturgico presenta, nel Vangelo festivo, le Beatitudini. In esse si trova il centro dell'annuncio del Regno di Dio. E come allora riuscire, nell'omelia, a trasmetterne la sintesi, anche vincendo la familiarità con la loro formulazione letterale?
A modo suo mi ha risposto la Rete, dove in questi giorni ho incontrato una davvero inattesa varietà di linguaggi e di riferimenti alle Beatitudini, insieme, tutto sommato, a una sicura coerenza dei contenuti. Tra i predicatori insospettati si incontra un cantautore, Rino Gaetano, che elencava le Beatitudini «secondo il mondo» in modo, suggerisce Sergio Ventura su "Vino Nuovo" (tinyurl.com/j8w4e64), da far «assaporare», per contrasto, «il senso profondo di questa promessa di pienezza». Maria De Filippi, per la sua (supposta) idea teleologica della felicità, è invece l'interlocutrice scelta dal gesuita padre Gaetano Piccolo su "Gli Stati Generali" (tinyurl.com/gsxawt4) per mettere in luce che, Beatitudini alla mano, «bisogna riconoscere che non abbiamo tutto, per essere felici» e che «la felicità non è mai un affare personale e solitario».
Tra i predicatori per ministero, cioè i pastori, ecco come parla il vescovo di Carpi, Francesco Cavina, sull'agenzia "ACI "(tinyurl.com/j9bbevo), dove tiene un commento alle letture domenicali. Stando al Catechismo e a Benedetto XVI, dice, le Beatitudini sono, prima di tutto, «una nascosta autobiografia interiore di Gesù»; se i suoi discepoli vivranno nella stessa prospettiva, renderanno già presente il Regno di Dio nella tragedia del mondo. Va più in là un altro vescovo, scomparso e indimenticato: Tonino Bello. Sul blog "Alla ricerca della vita vera" (tinyurl.com/h4o2cgc), che riprende un suo testo, ricorda che avremo parte all'eredità del Regno o perché «ci meritiamo l'appellativo di "beati" facendoci poveri», o perché «ci conquistiamo sul campo quello di "benedetti", amando e servendo i poveri».
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