
Riuscire a mettersi nei panni altrui è svolta decisiva nella vita di ciascuno; un vero e proprio caposaldo per chi lavora con l’immaginazione. Non puoi inventare nessuna storia se non sei in grado di calarti nella psicologia di un altro. Consapevoli che “l’altro” sempre un poco ci assomiglia, tanto quanto sempre è da noi distantissimo. Pensai intensamente a questo quando con stupore e un lieve soprassalto, da lettrice mi imbattei in un personaggio de L’amante, primo romanzo tradotto in Italia dello scrittore israeliano Abraham B. Yehoshua. Dopo un centinaio di pagine, nella vicenda fa irruzione il personaggio di Na’im. Na’im è un giovane arabo; si innamorerà di una ragazza israeliana, e pur di stare vicino a lei conoscerà un mondo e una cultura a lui opposti. Lo scrittore fa parlare Na’im in prima persona. Riferendosi allo sguardo degli ebrei, «noi siamo all’infuori dell’odio, siamo come ombre per loro», gli fa dire. Andrebbe letto e riletto, quel libro che racconta dal di dentro l’intersecarsi del mondo arabo e di quello ebraico in Israele. Incontrare il personaggio di Na’im per me significò moltissimo. Un mondo possibile mi si dischiudeva: un mondo narrativo, e prima ancora, un mondo umano. Fatto di sforzi di immedesimazione e comprensione, innanzitutto.
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