La buona Parola quotidiana, fedele, insolita e laica
lunedì 10 marzo 2025

Torinese, 54 anni, sposo, padre di una bambina, scrittore, giornalista sociale e religioso, impegnato nell’associazionismo di categoria, Alessandro Ginotta è riuscito, da nove anni a questa parte, a intraprendere anche una sua specifica missione digitale, e a rimanervi fedele. Questa missione ha un nome evangelico, “La buona Parola”, che suona familiare anche nella laicità della vita quotidiana: una “buona parola” non fa mai male e a volte può significare l’intervento di un terzo per il buon esito di qualcosa che ci sta a cuore.

Alessandro Ginotta

Alessandro Ginotta - .

Ed è evangelica anche nel contenuto: si tratta infatti di commenti al Vangelo del giorno, che Ginotta diffonde attraverso un blog, una newsletter e gli immancabili account su Facebook, X e Instagram, anche se questi, insieme, non arrivano a 15mila follower. Ma il numero di reazioni – regolarmente oltre le 200 – che su Facebook accompagna ogni post e tra esse, in particolare, l’alto numero delle condivisioni dice di un discepolato digitale compatto e fedele. Lo stesso che, probabilmente, ha acquistato i suoi libri “Cento giorni con Gesù”, “Altri cento giorni con Gesù” e “Gli ultimi cento giorni con Gesù”, usciti per Tau editrice tra il 2020 e il 2022 e inizialmente tratti dalle riflessioni affidate alla Rete.

Qualche anno fa, prima che il “Chi sono” del blog diventasse ancora più sobrio, Ginotta raccontava (lo riportavo nella puntata di WikiChiesa del 28 febbraio 2021) di cominciare a pensare a questi post «la sera, quando, terminato il lavoro, il cellulare smette di squillare» e lui legge e rilegge, interrogandosi, il Vangelo del giorno dopo per poi lasciare scaturire le parole, «un momento di dialogo e di preghiera che mi piace condividere con gli amici che mi leggono», uno scritto fatto di «parole semplici, per raggiungere anche i più distanti, anche i più distratti» e chi «proprio a Dio non ci pensa».

Qualificati, regolarmente, dall’aggettivo «(in)solito» e conclusi altrettanto regolarmente dall’hashtag #Santanotte, questi commenti, lunghi qualche migliaio di caratteri, hanno conservato negli anni il grande pregio di prendere spunto dalle cose di ogni giorno e di parlarne il linguaggio. Ginotta, specie nei titoli e nelle prime righe di “attacco”, ci dà del tu, inserisce riferimenti autobiografici, scherza e sorride, fa il nome di Totò per esemplificare un certo atteggiamento, si inventa, con tanto di dosi, una ricetta “per un’anima in fermento”…

Poi ci sono le immagini. Sul blog Ginotta si dichiara «appassionato d’arte», e si vede: per illustrare i suoi post attinge allo sterminato patrimonio dell’arte sacra, fornendo nel primo commento gli estremi per identificare l’opera ed eventualmente andarla ad ammirare dal vivo. Ma non c’è il rischio – che sui social corriamo così di frequente – di fermarsi all’immagine e di sorvolare sul testo: chi segue questo autore sa che il meglio si trova in quelle “buone parole”, nella sua capacità di “sorprendersi con Dio” (titolo della rubrica che egli tiene su “Il Corriere della Valle”, settimanale della diocesi di Aosta, e di un altro suo libro) sia che lo incontri nella relazione tra il naturale e il soprannaturale, sia che ne ascolti la Parola.

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