giovedì 28 marzo 2013
Marsiglia, 2012 — Le dieci di una domenica mattina. Attorno a Saint-Vincent-de-Paul, sulla Canebière, la gente va a Messa. Ma, noto stupita, alcuni si portano un seggiolino: non c'è già più un posto libero, nelle navate gremite.Mi metto in un angolo. Cosa colma la "grande église" nel cuore di Marsiglia, dieci anni fa tanto vuota che si voleva trasformarla in museo? Entra il sacerdote, seguito da un nugolo di chierichetti. L'organo suona splendidamente, la gente canta a piena voce un canto antico, bello. Rigore e bellezza in ogni singolo gesto. L'omelia è di parole schiette, concrete; ma dette con passione e urgenza — come se ognuno di noi, a quel prete, stesse a cuore. Mi affascina la straordinaria lentezza della consacrazione del pane — nel più assoluto silenzio. Alla Comunione una fila lunghissima, paziente. All'uscita, una fila altrettanto lunga per una parola, da quell'uomo con lo sguardo buono. Sembrano mendicanti di misericordia, in questa città impoverita e stanca. Fede profonda, bellezza della liturgia, e un sacerdote fedele, ogni sera alle cinque, al suo confessionale. In chiesa un vecchio clochard mite e bizzarro tenacemente ha atteso per ricevere, ultimo, la Comunione proprio dalle sue mani. Ho sorriso: come a volte i folli sanno, ciò che occorre ai sani.
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