Le due Tracey e la Banca dei vestiti
giovedì 16 aprile 2020

Esistono molti momenti I can (posso farcela) nella storia di Tracey Chambers e Tracey Gilmore, l’una bruna e l’altra bionda, sudafricane bianche 50enni di Cape Town. In classe insieme al liceo, poi ognuna per la sua strada. Fino a dieci anni fa, quando si sono riunite e hanno deciso che insieme potevano fare la differenza. La Tracey bruna, vulcanica e irrequieta, tre figli, aveva scalato tutti i gradini della catena di grandi magazzini Woolworths, fino a diventarne direttrice finanziaria. «Ero al top – racconta – ma non mi piaceva quello che vedevo da lassù».

Troppa disuguaglianza nel suo Paese, troppo alto quel tasso del 30% di disoccupazione femminile, troppe madri delle baraccopoli (township) nere non in grado di occuparsi dei propri figli perché prigioniere del circolo dell’ignoranza e della povertà. Bambine trascurate da madri giovanissime, abusate e alcoliste, a loro volta madri a 16 anni senza compagni stabili, senza istruzione e senza lavoro. Le due Tracey hanno pensato che insieme potevano farcela (we can!) ad aiutare quelle donne, quelle mamme a riprendere in mano la propria vita. Ed ecco la risposta: The Clothing Bank, la Banca dell’abbigliamento. Grazie alle sue conoscenze, Tracey Chambers ha intessuto una rete di retailer che regalano i loro stock di merce invenduta, difettata o resa. Le donne ricevono un piccolo prestito – l’equivalente di poche decine di euro – con il quale acquistano a cifre irrisorie la merce (abiti, maglie, ma anche scarpe, piccola bigiotteria, borsette) che rivendono nei mercati ambulanti, nel giardino di casa, in piccole bancarelle a bordo strada. Ma la strategia del “I can” è più ampia: l’avvio dell’attività informale di vendita è accompagnata da una formazione biennale, con lezioni di computer, basi di contabilità e di gestione finanziaria, tecniche di vendita.

Tracey Gilmore (a sinistra) e Tracey Chambers

Tracey Gilmore (a sinistra) e Tracey Chambers - www.theclothingbank.org.za

«Dopo questo percorso, le donne possono vendere qualsiasi cosa», spiegano le due Tracey, che in questo momento sono preoccupate perché il settore informale, che in tempi normali in Sudafrica è l’unica possibilità data alle donne povere «per risalire l’onda della disuguaglianza», è anche quello più colpito dalle misure di contenimento del Covid–19.The Clothing Bank in un decennio si è dimostrato un modello vincente: avviato nel 2010 con dieci mamme e un piccolo magazzino nel quartiere di Salt River, a Cape Town, oggi conta altre sedi a Johannesburg, Durban, East London e Paarl. Ad oggi ha attive 7 partnership con altrettanti retailer che nel solo 2019 hanno donato 2 milioni di capi, generando un profitto di 2 milioni di euro. Le due Tracey ogni anno reclutano tra le 800 e le 1.000 madri, che grazie al micro–credito e al micro–franchising ottengono un reddito di almeno 4mila rand al mese (200 euro).

Il gruppo che gestisce l'associazione non profit. Tracey Gilmore ha la camicia rosa in prima fila, Tracey Chambers la collana verde in seconda fila

Il gruppo che gestisce l'associazione non profit. Tracey Gilmore ha la camicia rosa in prima fila, Tracey Chambers la collana verde in seconda fila - www.theclothingbank.org.za

«Quando una madre povera inizia a rendersi indipendente, spende i suoi soldi per una casa, del cibo e un’istruzione migliori per i figli. Ecco perché puntiamo su di loro: se aiuti una madre, aiuti un bambino e spezzi la catena della povertà», dicono le due Tracey. Ed è così: «Due donne alcoliste hanno bevuto il loro ultimo drink il primo giorno di corso a The Clothing Bank: avevano capito che era l’occasione della vita. Per noi è sempre meraviglioso vedere il cambiamento: le donne riprendono fiducia in se stesse, capiscono per la prima volta di contare, di valere, acquistano potere in famiglia e nella coppia».

Un risultato che ha del miracoloso, in un Paese in cui il 48% delle donne di colore vive al di sotto della linea di povertà (al 99% madri single) e il 66% dei bambini non vive con i genitori biologici. Un’altra donna racconta il senso di trionfo quando ha potuto acquistare con i suoi soldi una sgangherata utilitaria, e la soddisfazione di aver potuto ordinare la lapide per la tomba della nonna. Altre dicono di essere state in grado di allontanare mariti violenti solo grazie al fatto di essere diventate economicamente indipendenti. «Vogliamo che le donne non siano paralizzate dalla propria storia – dicono le due Tracey – : se non possono cambiare il loro passato, almeno il futuro, quello sì».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: