Le aziende agricole? Sono di meno ma più grandi
domenica 3 luglio 2022
Meno aziende ma più grandi, comunque familiari e poco propense ad innovare. L'istantanea scattata dall'ultimo Censimento dell'agricoltura eseguito dall'Istat, e reso noto da pochi giorni, fissa le caratteristiche del settore nel 2020, ma fornisce indicazioni che valgono anche per oggi. Numeri e statistiche che dicono molto su quanta strada le imprese agricole devono ancora fare.
In poco meno di quarant'anni, infatti, sono scomparse due imprese su tre, ma la superficie media dell'azienda agricola è più che raddoppiata: da 5,1 a 11,1 ettari. Il 98% delle imprese è comunque ancora condotto con manodopera familiare, anche se quella extrafamiliare è cresciuta in percentuale. Complessivamente, però, la forza di lavoro agricola è diminuita del 29% circa in termini di addetti e del 14,4% in termini di giornate lavorate. Poi c'è il fronte dell'innovazione della digitalizzazione. La quota di aziende agricole che si sono digitalizzate è ancora bassa, pur se notevolmente cresciuta negli ultimi anni: si è passati dal 3,8% nel 2010 al 15,8% nel 2020. Negli anni dal 2018 al 2020, tuttavia, solo un'impresa su dieci ha davvero effettuato investimenti relativi all'innovazione. È il segno che il percorso verso la digitalizzazione è ancora lungo.
Tutto, o quasi, poi, passa per l'età dei conduttori e per il titolo di studio posseduto. Un aspetto da non sottovaluta, infatti, è quello che vede le imprese più grandi e quelle dirette da giovani mostrare una maggiore propensione per l'innovazione la digitalizzazione.
Certo, i numeri si scontrano con la capacità di produrre qualità che il comparto comunque detiene, oltre che con la indubbia resilienza che, soprattutto, di fronte alla crisi scatenata dalla pandemia di Covid-19, l'agricoltura ha dimostrato di avere. Meno di un'azienda agricola su cinque ha dichiarato di aver avuto particolari conseguenze dall'emergenza sanitaria da Covid-19 (17,8%). Con una particolarità che deve essere notata: sono state le piccole aziende a resistere meglio alla crisi sanitaria. L'Istat ha osservato infatti che la dimensione aziendale ha rappresentato un fattore discriminante nella pandemia, ma al contrario di quanto si sarebbe indotti a pensare. Si sono dimostrate maggioramente resilienti le aziende più piccole in termini di superficie agricola utilizzata oppure in termini di manodopera. Questo andamento non significa che in agricoltura l'indicazione “piccolo è bello” sia valida, ma indica comunque una flessibilità, dovuta alle particolari condizioni di produzione, che sorprende. Rimane in ogni caso la condizione di fragilità delle strutture agricole, sottoposte comunque agli effetti dei mercati e delle condizioni climatiche. Una fragilità di cui si deve tenere conto se si pensa all'importanza della produzione alimentare.
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