sabato 26 agosto 2006
Un libro è come un grande cimitero dove, sulla maggior parte delle tombe, non si possono leggere più i nomi cancellati. Di solito dedico il mese di agosto, l'unico dell'anno che non mi vede in movimento per conferenze o impegni vari, o allo studio o alla stesura di un libro. Ho fatto così anche quest'anno e, mentre s'accumulano i fogli che scrivo ancora a penna, mi viene in mente questa frase di quel famoso scrittore di "memorie" che è stato Marcel Proust (mi pare che la frase sia nel Tempo ritrovato, l'ultima parte dello sterminato suo capolavoro Alla ricerca del tempo perduto). L'immagine è forte: le pagine dei libri sono come cimiteri che hanno tombe con epigrafi stinte perché un'ampia porzione delle idee, dei dati, dei materiali appartiene a chi ci ha preceduto nella ricerca. È sempre vero il famoso detto di Bernardo di Chartres: «Siamo nani sulle spalle di giganti» e solo per questo riusciamo a vedere un po' più avanti. Questo, però, non vale solo per gli studiosi ma per tutti. In quante cose siamo debitori di altri. La stessa nostra esistenza sarebbe invivibile senza il lavoro di un numero enorme di altre persone che ci preparano la casa, il cibo, le notizie. E non parliamo del Creatore che ci offre gratuitamente luce, aria, acqua, energia e vita. Bisognerebbe più spesso - contro la tentazione dell'autosufficienza o dell'orgoglio - ricordare le nostre mille dipendenze e imparare, da un lato, l'umiltà e, dall'altro, la gratitudine. Il tarlo della superbia e del disprezzo degli altri sarebbe controllato proprio con la semplice considerazione che a tanti dobbiamo tanto, anzi che senza costoro non riusciremmo a vivere con dignità.
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