La donazione del sangue, un gesto di solidarietà con le tutele dell'Inps
martedì 13 giugno 2017
Lo scorso anno un milione e 688 mila italiani hanno effettuato una donazione del sangue. Un numero rilevante, specchio di solidarietà nascoste, che presenta tuttavia aspetti problematici. Il numero delle donazioni è infatti in calo (circa 40mila in meno sul 2015) e gli stessi donatori si riducono a causa dell'aumento dell'età media della popolazione, lievitando così la percentuale dei soggetti non più idonei (over 65). Nello stesso tempo sono divenuti più stringenti i test e i controlli biologici – con una più severa selezione dei donatori – che garantiscono la qualità e la sicurezza delle donazioni, a garanzia dal rischio di contagio da trasfusione, un fenomeno presente nei lontani anni Ottanta e Novanta. Da molti anni infatti non si registrano casi di infezioni da trasfusione.
In occasione della "Giornata nazionale della donazione del sangue" – che ricorre ogni anno il 14 giugno, giorno di nascita del biologo Karl Landsteiner scopritore dei gruppi sanguigni – la Croce Rossa, Avis, Fratres, Civis ed altre associazioni del volontariato organizzano numerose iniziative di divulgazione. E a corredo di tutte le donazioni, la previdenza offre particolari vantaggi. I lavoratori dipendenti del settore privato (sono esclusi i lavoratori autonomi e i collaboratori) che donano gratuitamente il sangue, nella misura minima di 250 grammi, hanno diritto di astenersi dal lavoro per l'intera giornata in cui effettuano la donazione, conservando la normale retribuzione per l'intera giornata lavorativa. La giornata di riposo viene computata in 24 ore a partire dal momento in cui il lavoratore si è assentato per il prelievo.
Mancata donazione. In alcuni casi, pur con la disponibilità del lavoratore, la donazione non può essere effettuata. In genere, è per una diversa programmazione dei bisogni trasfusionali oppure per il rispetto della periodicità dei prelievi o anche per le condizioni sanitarie dell'interessato. La legge 219/2005, come applicata da un decreto dello scorso marzo, ha disposto che anche al lavoratore assentatosi dal servizio per la donazione, e poi giudicato non idoneo, spetta una retribuzione. Quella cioè che gli sarebbe stata corrisposta per le ore non lavorate durante il tempo dell'accertamento della non idoneità. Il periodo così retribuito comprende sia il tempo di permanenza presso il centro trasfusionale sia quello di rientro dal centro alla sede di servizio. La retribuzione dovuta ai donatori è posta tutta a carico dell'Inps, ma viene anticipata dai datori di lavoro.
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