giovedì 9 luglio 2009
XV Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient'altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Partono i discepoli a due a due. Nient'altro che un bastone a sorreggere il cammino, e un amico a sorreggere il cuore. Un bastone per appoggiarvi la stanchezza e un amico per appoggiarvi la solitudine. È importante questo andare a due a due, avere uno su cui contare, nelle cui parole cercare l'evidenza che esisti, che sei amato, che sei capace di relazioni positive. Se è solo, l'uomo è portato a dubitare perfino di sé stesso.
La fede si arricchisce se la condividi. Infatti l'annuncio è fatto a due voci e la prima parola è questo legame, questo germe nuovo di comunione. «Non arriveremo / alla meta ad uno ad uno, / ma a due a due. / Se ci ameremo a due a due / ci ameremo tutti. / E i figli rideranno / della leggenda nera / dove l'uomo piangeva / in solitudine» (P. Eluard).
Non portate nulla per il viaggio. Perché tutto ciò che non serve, pesa; perché ogni possesso ti separa dall'altro. Perché l'uomo non è fra le cose. Perché vivrai dipendente dal cielo e dagli altri, di pane condiviso e di fiducia. Perché l'abbondanza di mezzi non spenga la tua creatività e la fiducia nella potenza della Parola.
L'annunciatore deve essere così: infinitamente piccolo, solo allora l'annuncio sarà infinitamente grande.
Tutto in noi domanda la vicinanza di un amico. Niente in noi postula questa nudità di croce, Vangelo che consola e poi sgomenta: non portate nulla. Come Gesù, povero di tutto, ma non di amici; senza un luogo dove posare il capo, ma non senza case amiche dove confortare il cuore.
Entrati in una casa lì rimanete. Il punto di arrivo è la casa, non la sinagoga o il tempio. Nella casa, dove è naturale la sincerità del cuore, lì Dio ti sfiora, ti tocca. Lo fa in un giorno di festa, quando dici a chi ami parole stupefatte e che si vorrebbero eterne. Lo fa in un giorno di lacrime, quando l'amarezza soffoca la speranza.
Il cristianesimo deve essere significativo lì, nella casa, nei giorni della festa e in quelli del dramma, nei figli prodighi, quando Caino si alza di nuovo, quando l'amore sembra finito e ci si separa, quando l'anziano perde il senno o la salute. Là dove la vita celebra la sua festa e piange le sue lacrime, scende come pane e come sale, sta come roccia la Parola di Dio.
L'annuncio è fatto di poche parole e di molto stile di vita. Per farsi credere il Vangelo ha bisogno ancora oggi di un anticipo di corpo, di un capitale di incarnazione: è lo stile dei testimoni e dei martiri, una Parola scritta su tavole di carne.
(Letture: Amos 7,12-15; Salmo 84; Efesini 1,3-14; Marco 6,7-13)
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