Giuseppe, l’uomo giusto che insegna a fidarsi di Dio

IV domenica di Avvento – Anno A
December 17, 2025
Apparve in sogno a Giuseppe un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati, a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”. Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.
Ci siamo quasi, sta per nascere, è l’inizio. È l’inizio di un nuovo modo di abitare la vita, di un Dio che sceglie la via del grembo, del silenzio, del sogno. Un Dio che non si impone, ma si espone; che non conquista, ma si consegna. Il Vangelo di oggi ci accompagna a capire il modo in cui Dio entra nella storia, in un mondo di silenzio, di sogno: nel grembo di una donna e nel cuore di un uomo. In quel cuore di Giuseppe che si fa anch’esso culla accogliente. No, Dio non irrompe con potenza, non squarcia i cieli con fragore, ma si fa spazio nella fragilità, nel dubbio, nel silenzio, nella notte. Giuseppe e Maria avevano un futuro davanti, un sogno di vita insieme, progetti come tutti i fidanzati che stanno per sposarsi, quando improvvisamente tutto sembra crollare. C’è il turbamento, c’è la crisi, il dolore di chi si sente ferito, che non capisce, che non sa, ma ama lo stesso. Giuseppe è il giusto perché, davanti al mistero, non parla, custodisce.
Dio parla soltanto dove l’uomo tace: nelle pause, nei vuoti, negli interstizi del rumore nasce il divino. Così Dio entra nel sogno di Giuseppe, cioè nella sua parte più profonda, lì dove non si finge, ma soprattutto parla a chi è disposto a sognare. E Giuseppe, uomo concreto, uomo di mani e di legno, scopre nella notte che il sogno di Dio è più vivo e reale del suo. Non avrà spiegazioni, ma un invito: «Non temere di prendere con te Maria». Non temere di accogliere ciò che non capisci, di amare ciò che ti spaventa, di entrare nel mistero. Non temere la lentezza di Dio, non temere il buio o i passaggi che non capisci. Ogni nostro passo incerto nella fede inizia con queste parole: «Non temere». Nel silenzio e nella notte Dio tesse la sua vicinanza.
Giuseppe non pronuncia una sola parola nei Vangeli, eppure la sua vita è tutta una risposta. È l’uomo dalle mani callose e dal cuore attento, che costruisce una culla per Dio e un riparo per le fragilità del mondo, suggerendoci che i misteri non si spiegano, ma si custodiscono. E così in questa notte, mentre il mondo dorme, Dio comincia a respirare. Giuseppe non ha ricevuto risposte, non ha capito tutto, ma crede alla parola che ha ascoltato, perché sa che quando Dio parla la vita può ricominciare anche dalle macerie, anche quando tutto sembra perduto. E questo Dio non verrà da lontano, ma è già qui: ogni volta che accogliamo la vita, l’altro, il mistero, Dio torna ad essere l’Emmanuele, il Dio con noi. Non contro di noi, non sopra di noi, ma con noi nella carne, nella fatica, nel dubbio, Lui si avvicina senza far rumore.
(Letture: Isaia 7,10-14; Salmo 23; Romani 1,1-7; Matteo 1, 18-24)
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