
Caro Avvenire, sono pienamente convinto che un centro inteso come forza del cattolicesimo democratico e liberale non inglobato dal Pd sia molto necessario. Un centro che dialoghi con il Pd stesso, ma che abbia la forza di mettere sul tavolo proposte valoriali cattoliche anche alla luce della dottrina sociale cristiana. Utopia? Se si continua solo con dibattiti e convegni difficilmente potremo lasciare tracce nel nostro vivere quotidiano.
Dante Pedrini
Caro Avvenire, molti pensano che i cattolici debbano essere moderati e del centro politico. Credo che questo sia vero per quanto riguarda l’avversione a qualsiasi tipo di violenza, ma credo che debbano essere radicali per quanto riguarda la lotta a tutte le ingiustizie. Mi auguro che questo sia tenuto presente in tutte le discussioni fra i cattolici.
Pasquale Fortunio
Bresso (Mi)
Cari lettori, il tema è fondamentale, e “Avvenire” lo sta analizzando in modo dettagliato da tempo, proprio con le pagine dedicate a “Cattolici e politica”, e con rinnovato slancio dopo la Settimana Sociale di Trieste, dando voce a molti protagonisti di questo ritrovato desiderio di impegno nell’arena pubblica (qui una raccolta degli interventi https://www.avvenire.it/Search/settimane%20sociali).
Per curiosità giornalistica, ho seguito a Milano l’incontro di Comunità democratica, di cui ha dato puntualmente conto su queste colonne Paolo Lambruschi. Le cronache dei media hanno concesso molto spazio, come è ovvio, alle parole dei leader, che sono state significative, a partire da quelle di Romano Prodi (due osservazioni notevoli nel suo intervento: in nessun importante Paese europeo esiste un partito che governa da solo; la spesa militare attuale delle 27 nazioni Ue è maggiore di quella cinese e un terzo circa di quella Usa: il problema non è spendere di più, ma coordinarsi meglio).
Tuttavia, bisogna anche guardare alla platea e constatare che l’età media era piuttosto alta. Non siamo un Paese giovane, è vero, e forse un bacino di voti cattolici sta proprio nelle fasce di popolazione anziana. Il promotore dell’iniziativa, Graziano Delrio, ha proposto addirittura un consiglio degli anziani dentro i partiti, come serbatoio di esperienza. Alcuni giovani amministratori hanno preso la parola, tutti preparati e pragmatici, nessuno però mi ha dato l’impressione di avere una visione all’altezza delle sfide attuali e la statura da leader. Questo mi fa dubitare (sperando di sbagliarmi) sulla capacità di mobilitazione (richiamare alle urne gli astenuti, la prima urgenza) di aggregazioni come quelle riunitesi (meritoriamente, sia detto) sabato scorso.
La politica, caro Pedrini, ha sì disperatamente bisogno dei cattolici con i loro valori e il loro stile, in un frangente così caotico in cui la stessa liberal-democrazia è messa in crisi da tentazioni efficientistiche-autoritarie. Per questo, caro Fortunio, concordo con lei sulla necessità di non essere “moderati” nel senso di scialbi e accomodanti. Ce lo chiede il Vangelo: “Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente”.
D’altra parte, tutti sembrano rigettare l’idea di un nuovo partito di cattolici. Personalmente, penso che l’unica obiezione sensata sia che non riuscirebbero a mettersi d’accordo dando più scandalo che esempio; per il resto, sono l’unica cultura politica ancora chiaramente riconoscibile, non fluida e appesa alle idee di un capo che da un’elezione all’altra può scomparire.
In definitiva, penso che dobbiamo prendere tutto il buono che c’è da tentativi di riportare la cultura e la riflessione dentro un ambito troppo spesso saturato da slogan, talk show, false rappresentazioni della realtà e capipopolo senza spessore. Qualcosa che possono fare anche i cattolici del centrodestra, in una gara virtuosa con quelli del centrosinistra. Non è un mistero che in entrambi gli schieramenti vi siano opportunità da cogliere, ma anche grossi “rospi” da ingoiare. Una proposta originale e comprensiva darà in questo senso maggiori margini di manovra e permetterà di limitare i pur necessari compromessi che una società pluralistica richiede.
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