Italia e Francia si contendono il primato anche nei vini d'alta gamma
domenica 3 giugno 2018
Adispetto delle avversità del clima e dei tagli (paventati) nelle erogazioni in favore dei campi da parte dell'Europa, in barba ai dazi e alle ripicche di campanile, oltre i nostri prodotti tipici (che comunque vanno difesi a spada tratta), c'è un mondo agroalimentare che pochi conoscono e che vale miliardi di euro. E che ha un nome ben preciso: top wines. Cioè vini d'alta e altissima gamma, quelli che i ristoranti più blasonati si contendono e sui quali gli esperti (spesso sedicenti tali), fanno a gara per turare fuori il commento più "originale". Etichette per pochissimi che tuttavia hanno un gran merito, quello di portare in giro per il mondo il buon nome, la buona immagine, la maestria produttiva dell'Italia.
Per capire di cosa si sta ragionando, basta leggere lo studio che sul comparto ha appena pubblicato Altagamma – la Fondazione che riunisce dal 1992 alcune delle migliori imprese dell'alta industria culturale e creativa comprese molte aziende vitivinicole –, e che Wine Meridian ha commentato con occhio critico. Il succo è semplice: i top wines significano un mercato mondiale da 24 miliardi di euro, nel quale le etichette italiane si contendono il primo posto con quelle francesi e alcune poche altre. Altagamma poi specifica: «Il mercato mondiale del vino ammonta a circa 239 miliardi di euro a prezzi al consumatore. La fascia dei top wines vale circa il 10%. Gli Usa sono il mercato principale con 36 miliardi (con il segmento top al 10%), mentre a livello europeo l'Italia, con 14,4 miliardi (top 9%), è seconda dietro la Francia (22,4 miliardi, top al 15%)». Il confronto è serrato. Per quanto riguarda la notorietà e la reputazione dei top wines, per esempio, più della metà degli intervistati che hanno partecipato all'indagine, segnalano la Francia come Paese produttore maggiormente accreditato, mentre l'Italia è scelta dal 33%. Ma la superiore qualità è riconosciuta come il principale attributo dei vini italiani da quasi la metà degli interpellati. C'è anche la versatilità generalmente riconosciuta come distintivo del vino italiano e che quindi rappresenta per le nostre aziende una leva di marketing e di comunicazione su cui puntare con decisione.
Già, perché alla fine, al di là dell'immagine e della storia di ogni vino, rimane il verdetto del mercato al quale si arriva anche con campagne commerciali azzeccate e politiche di prezzo calibratissime. Anche per i grandi vini. Che, appunto, possono – come già fanno –, trascinarsi appresso anche altri prodotti. Agricoltura e agroalimentare di gran livello, quindi. Ma pur sempre agricoltura italiana, alla pari del resto del settore. E, forse, non potrebbero esserci grandi vini senza dignitosi vini da tavola, nobili etichette senza damigiane di vino da pasto.
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