In Rete anteprima di una scultura: Gesù che abbraccia un terrorista
domenica 2 ottobre 2016
Da molto tempo apprezzo la creativa dedizione con la quale Gian Carlo Olcuire, sul blog “Vino Nuovo”, illustra, con un rimando all'arte figurativa, ogni liturgia domenicale. Non dirò che sono vere e proprie omelie, ma certamente sono un modo vivo per leggere il Vangelo festivo, per non dire di come testimoniano, meglio di tanti saggi e saggisti, il rapporto vitale tra cristianesimo e culture.L'altro ieri invece, slegata dal calendario liturgico, ci ha mostrato ( tinyurl.com/jj4zcf4 ) una nuova scultura di Timothy Schmalz. Mi ha colpito profondamente solo a vederla sul piccolo video del mio pc (chissà a vederla dal vivo... se ben capisco, l'artista ha dato un'anticipazione digitale, ma l'opera non è ancora stata esposta al pubblico). Ritrae Gesù, risorto (ha le stimmate), che abbraccia un terrorista incappucciato e armato ( tinyurl.com/h67klnt ).Dopo il Gesù senzatetto e quello mendicante di Schmalz ( tinyurl.com/ofydc4f ), posti a Roma (all'Elemosineria apostolica e all'ospedale Santo Spirito), ecco dunque un Gesù che ama i nemici e li perdona nel vivo della storia dei nostri giorni. Una scultura bellissima. Il commento di Olcuire si avvia immaginando «le prime cacche di piccione» sulla statua: «Perché il terrorista non ha deposto le armi? Chi ci dice che si è pentito? Ma Gesù lo sta abbracciando o lo sta fermando? Non sarebbe meglio farlo fuori e poi pregare per lui?», e poi prosegue con una riflessione breve e incalzante, che non voglio e non posso sintetizzare.Reagendo a essa dico che, se dovessi prima o poi essere toccato personalmente dal terrorismo, islamista o meno, sarei sollevato nel vedere Gesù perdonare al posto mio, perché io non ce la farei proprio. E ciò mi basta per sentirmi grato verso la “provocazione” dell'artista. Aggiungo solo che, se ci penso bene, mi vedo più facilmente nei panni del terrorista: ognuno di noi, in fondo, imbraccia un suo grande o piccolo kalashnikov, si incappuccia e colpisce quotidianamente qualcuno che crede suo nemico. Sperando, poi, in un perdono.
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