Il supporto del Patronato Acli per i risarcimenti in casi di patologie da esposizione all’amianto
venerdì 18 aprile 2025
Sono numerose le patologie che, l’asbesto, più comunemente conosciuto come amianto, può causare all’uomo. Spesso si tratta di malattie molto pericolose, come che, nei casi più gravi, possono purtroppo portare anche al decesso. La particolarità di tali patologie è che possono manifestarsi anche a grande distanza dall’esposizione o meglio, dall’inalazione delle fibre di amianto, anche tra i 20 e 40 anni dopo; in molti casi quando si è già in pensione, o magari l’attività nociva è terminata da decenni. L’amianto di per sé potrebbe non costituire un pericolo immediato per la salute, ma la sua pericolosità è determinata dal momento in cui si deteriora, magari a causa del tempo e quindi si sbriciola in fibre microscopiche. Queste, una volta inalate, creano problemi a partire dal sistema respiratorio, anche se gli organi bersaglio possono essere diversi. Purtroppo, l’aver cessato l’esposizione non elimina il rischio di sviluppare malattie correlate. Con una tempistica così lunga di manifestazione delle patologie, in molti casi è difficile ricondurre tali problematiche di salute all’attività lavorativa. Sebbene l’amianto sia stato bandito in Italia nel 1992, fino a quel momento è stato ampiamente utilizzato, come isolante, per la costruzione di lastre e tegole per i tetti, in generale per la coibentazione, per la produzione di tubature degli acquedotti, sotto forma di fibrocemento, meglio conosciuto come Eternit. A distanza di 33 anni dall’emanazione delle Legge 257/1992, che ha vietato l’estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione di asbesto, ci duole constatare che l’amianto uccide ancora. Non è facile stabilire numeri precisi, ma ad oggi si calcola che ci siano ancora milioni di tonnellate di amianto presenti attorno a noi: nelle scuole, negli ospedali, nelle reti idriche. Purtroppo le bonifiche degli edifici e dei manufatti in amianto risultano complesse e dispendiose: nel 2020 sono stati stanziati 385 milioni di euro, ma il problema resta. La problematica più importante è proprio l’emersione dei casi di malattie professionali legate all’amianto. Infatti, quando la patologia correlata all’amianto viene diagnosticata, è spesso troppo tardi per l’intervento sanitario e ciò conduce al decesso della persona. I parenti quindi sono ancora più in difficoltà nella ricostruzione dell’attività lavorativa e, di come questa abbia potuto causare l’insorgere di una malattia asbesto-correlata (come la definisce la scienza sanitaria). In molti casi le aziende non esistono più e ciò rende ancora più difficile individuare prove e ricostruire rischi specifici. Ecco perché è fondamentale rivolgersi ad enti come il Patronato Acli, che possono aiutare i lavoratori o i parenti a ricostruire l’anamnesi lavorativa e presentare le dovute domande di riconoscimento delle prestazioni economiche e assistenziali previste dalla legge. © riproduzione riservata
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