Il riso record costa 45 miliardi
sabato 31 maggio 2008
Adesso c'è una cifra chiara: 45 miliardi di euro. Tanto, infatti, sarebbe già costata la corsa del riso sull'ottovolante dei prezzi mondiali. Certo, gli appassionati del calcolo economico preciso potranno dire che la cifra effettiva è diversa da quella indicata. Ma il senso della situazione non cambia: consumatori e imprese sembrano essere stati presi da un ingranaggio sconosciuto e ormai dotato di vita autonoma, anche se il suo motore si chiama semplicemente speculazione e il suo carburante è fatto di nuove destinazioni della produzione, crisi energetica, cambiamenti delle abitudini alimentari, nuovi mercati che si aprono e vecchi che cambiano struttura.
Secondo la Coldiretti " che ha calcolato l'ammontare dei "danni" già subiti in occasione dell'incontro EuropAfrica fra produttori europei e africani " in pochi mesi il riso ha avuto oscillazioni di prezzo pari al 25%. È stato constatato che «dall'inizio di aprile il prezzo del riso ha iniziato ad aumentare per raggiungere il massimo storico di circa 25 dollari per hundredweight (50,8 chili) alla fine del mese per poi continuare con un andamento altalenante che lo ha riportato oggi al valore iniziale di circa 20 dollari». Troppo per tentare anche solo di capire che tipo di programmazione effettuare sia dal punto di vista delle semine che della formazione delle scorte. Scenari simili, d'altra parte, si sono riprodotti anche per le altre grandi commodities.
La situazione dei mercati ha poi provocato, soprattutto in Asia, un'ondata di aumenti di prezzi al dettaglio, restrizioni commerciali e accaparramenti che hanno ridotto le disponibilità sul mercato con disordini ed emergenze alimentari. Ciò che conta, tuttavia, è il fatto che la crescita dei prezzi e dei consumi potrebbe continuare ancora per diversi anni seppur con accentuazioni diverse. Tanto che il Presidente della Banca mondiale Robert Zoellick ieri sul Financial Times, ha proposto un piano in 10 punti per far fronte alla crisi. Partendo da una constatazione semplice: «Questa non è una catastrofe naturale, ma umana». Zoellick presenta quindi il suo piano, partendo dalla necessità di fondi per garantire il funzionamento del Programma alimentare mondiale (Pam), e passando per misure come la distribuzione di cibo nelle scuole e in cambio di lavoro, quella di concimi e fertilizzanti, maggiori investimenti nella ricerca, lo sviluppo di strumenti di assicurazione per i piccoli agricoltori, la riduzione dei sussidi destinati alle agricolture forti, la spinta alle esportazioni e
la rimozione delle «distorsioni dei sussidi agricoli e delle tariffe, per creare condizioni favorevoli a un commercio alimentare mondiale più flessibile, efficiente e giusto». Occorre naturalmente aspettare per capire se e quanto queste proposte siano giuste, realizzabili ed efficaci, ma è incontestabile una cosa: lo scenario entro il quale gli agricoltori, anche quelli italiani, si devono muovere è ancora una volta in cambiamento e la sua evoluzione non è affatto scontata.
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