Il racconto avvincente dei veri “cacciatori”
venerdì 23 marzo 2018
Prima si fa per finta. Poi si fa per davvero. A ruota della fiction Il cacciatore, il mercoledì su Rai 2, va in onda un docufilm in quattro parti, dal titolo Lo squadrone, dedicato ai «Cacciatori di Calabria«, ovvero allo “Squadrone eliportato dei Carabinieri” che opera in Aspromonte nella lotta alla 'ndrangheta. Un manipolo di uomini coraggiosi che rischia ogni giorno la vita per restituire il territorio alla sua gente. Dal 1991, anno di costituzione, questo speciale reparto dell'Arma, che ha sede a Vibo Valentia, ha eseguito ottomila arresti, catturato 282 latitanti, scovato 400 bunker e distrutto una notevole quantità di piantagioni di marijuana. La montagna calabrese nasconde coltivazioni illegali all'aperto e in grandi costruzioni sotterranee con tanto di potenti lampade per favorire la maturazione anche tre volte in un anno. La droga, che rende milioni di euro, serve prima di tutto per sostenere la latitanza degli affiliati che quasi mai si allontanano più di tanto dai propri paesi. Restare in zona rafforza un potere basato sul terrore. Per combatterli, i carabinieri dai baschi rossi si arrampicano sulle rocce, attraversano foreste, si muovono con circospezione, non lasciano tracce, vivono giornate allo strato brado a caccia dei criminali e dei loro rifugi. Claudio Camarca, regista, giornalista e scrittore, li ha seguiti passo passo per un anno. Dalle sue riprese sono nate quattro puntate di una cinquantina di minuti senza troppi effetti speciali, a parte qualche bella inquadratura dedicata ai boschi dell'Aspromonte. Nella prima parte non compaiono nemmeno i mitici elicotteri che forniscono l'aggettivo allo Squadrone. Volutamente lo sguardo della telecamera di Camarca corrisponde a quello di un militare che si muove dietro il caposquadra. Non forza, insomma, un racconto già di per sé interessante. Nella prima puntata non abbiamo incontrato nemmeno un malvivente, solo le sue tracce. Anche questo è apprezzabile in una tv che tende il più delle volte a spettacolarizzare il crimine. Questa volta la storia è tutta dall'altra parte. Ci si potrebbe casomai interrogare sul perché rendere noti i metodi d'indagine dei «Cacciatori di Calabria»: non c'è il rischio che si favorisca il nemico? In realtà un programma del genere dovrebbe mettergli paura. Almeno si spera.
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