mercoledì 22 ottobre 2003
La morte è davanti a me oggi come il profumo della mirra, come sedere sotto una vela in un giorno di vento. La morte è davanti a me oggi come il profumo dei fiori di loto, come il tornare sereno del cielo, come riuscire a comprendere ciò che non si conosceva. La morte è davanti a me oggi come quando un uomo desidera vedere casa sua, dopo molti anni passati in prigionia. Il titolo attribuito dagli studiosi a questo papiro egizio mutilo (numerato 3024 del Museo di Berlino) è drammatico: "Dialogo del disperato" o "Dialogo di un suicida con la sua anima". Siamo attorno al 2100 a.C. e un uomo dialoga con la sua anima che lo vuole convincere a desistere dall'insano proposito di togliersi la vita. Ma il protagonista ormai ha il sapore della morte sulle labbra e la sente quasi come una droga abbacinante. Egli, infatti, compara il morire alle realtà più affascinati come i profumi, la quiete alla brezza e all'ombra, la pace della casa ritrovata, la liberazione da un carcere, la conoscenza, la serenità. Tra i molti spunti possibili ce n'è uno che vorremmo raccogliere. Sono più di quanto si immagini le persone che hanno "staccato" dalla vita, senza per questo scegliere il suicidio. Sono scoraggiati, stanchi, sfiduciati, sfiniti, delusi; hanno quasi rassegnato le dimissioni dell'esistenza; il fior di loto che in Egitto indicava l'immortalità a loro dice solo la possibilità di farla finita. Spesso accanto a loro non c'è più nessuno, soprattutto nell'anonimato delle metropoli o dei condomini.
Una delle opere di carità più alte è proprio quella di consolare questi disperati o almeno di star loro accanto con un cenno di condivisione della loro pena, con un piccolo segno di calore umano.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: