«Il gioielliere si è soltanto difeso» Non spargere veleni della vendetta
giovedì 14 dicembre 2023
Caro Avvenire, è facile prevedere come la sentenza del Tribunale di Asti, che ha condannato il gioielliere Mario Roggero per “illegittima difesa”, verrà ribaltata in appello. Tale sentenza, infatti, si basa tutta sul video registrato dalla telecamera esterna alla gioielleria. Ricordiamo come è finita la vicenda del vigile di Sanremo colto dalla telecamera a timbrare il cartellino in mutande. Divenne simbolo della mala-pubblica amministrazione. A distanza di otto anni è stato assolto e riceverà gli arretrati. Stefano Masino Asti Gentile Masino, ho dovuto molto tagliare la sua lettera, simpatetica con Mario Roggero e il suo operato. Ci sono molti temi e sentimenti intrecciati in questa vicenda. E uno dei punti chiave, come ha ben sottolineato il giudice Paolo Borgna su queste colonne, è che le emozioni non possono essere la guida della giustizia. Ovvio che si solidarizzi con il rapinato e non con il rapinatore. Normale che si reagisca alle gravi minacce subite contro di sé e i propri familiari. Comprensibile il timore che una sentenza come quella di Asti dia futura baldanza a qualche malintenzionato. Ma dobbiamo andare oltre le reazioni esclusivamente viscerali. Lei ricorda un caso analogo del 1975 che si concluse con una decisione opposta. Non so se le due vicende si possano davvero accomunare, direi comunque che c’è stato un progresso nella valutazione processuale, stavolta non basata soltanto sul filmato che le televisioni stanno riproponendo all’infinito (penso che questo sia un errore: si spettacolarizza la morte e si banalizza l’uccisione di due esseri umani, quando addirittura non la si esalta come “meritata”). Proprio il modo di raccontare i fatti da parte dei difensori “politici” di Roggero, invitato negli studi tv come vittima di un sopruso e meritevole di una raccolta fondi in suo favore, evidenzia come lo stesso video diventi una prova al contrario e lo si usi per suscitare sdegno contro la condanna dell’improvvisato giustiziere. Nemmeno un membro delle forze dell’ordine avrebbe però potuto uccidere due persone in fuga che non costituivano più un pericolo in atto. Sarà ridotta la pena in appello? Non possiamo escluderlo. Peraltro, non va dimenticato che sono già state riconosciute attenuanti significative per il contesto in cui il reato è stato compiuto. La storia del vigile di Sanremo è radicalmente diversa. Eppure, ha ragione nell’accostarla a quella di cui stiamo parlando: in entrambe, come si argomentava, prevale l’indignazione acritica, che ci fa puntare il dito ed emettere un verdetto senza conoscere tutti gli elementi né riflettere sulla loro concatenazione. Tutto ciò nella speranza che siano convinzione condivisa il rispetto della vita umana e l’uguaglianza dei diritti. Se deragliamo da questo, entriamo nella prospettiva da Far West privo di regole che qualcuno va pericolosamente propagandando. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI