Il decreto anticrisi non basta
sabato 20 novembre 2004
L'agricoltura italiana sta vivendo un periodo schizofrenico. Da una parte pare che, seppur timidamente, i prezzi alla produzione siano in crescita, anche se guardando a tutto l'anno la diminuzione è stata pesantissima; dall'altra sembra che il giro d'affari dei prodotti Dop e Igp sia salito sensibilmente ma, dall'altra ancora, sono molti i comparti - come quello ortofrutticolo - che registrano perdite considerevoli. Intanto, pur di conquistare spazi di mercato a forza di garanzie sul prodotto (di fatto una delle poche strade da perseguire con decisione), c'è chi ha messo a punto nuove macchine elettroniche per assicurare salubrità e qualità. Tutto mentre il cosiddetto "decreto anticrisi" emanato dal governo per l'agricoltura viene accolto con favore ma non appare essere sufficiente. Partiamo dai prezzi. L'indice Ismea delle quotazioni all'origine dei prodotti agricoli di ottobre inverte dunque la tendenza, chiudendo con un aumento dello 0,5% su base mensile, contrariamente a quanto avvenuto nel trimestre precedente quando si era sempre manifestata una tendenza al ribasso. Ma si tratta di ben poca cosa rispetto al -16,5% registrato su base annua e addirittura al -21% dei prezzi delle coltivazioni. E non consola nemmeno i coltivatori l'andamento dei consumi che ad agosto sono diminuiti ancora del 5% a fronte di una crescita dei prezzi finale del 3,6%. Così come di poco aiuto è la notizia che nello scorso anno i prodotti a marchio hanno totalizzato un giro d'affari pari a 4,5 miliardi di euro alla produzione che sono diventati 8,5 al consumo. Rimane, infatti, la constatazione generale: l'agricoltura è in crisi. Tanto da far muovere con urgenza il governo con un decreto destinato ad aiutare in particolare l'ortofrutta. Sulla decisione, che ha trovato tutti concordi, pesa però la disponibilità di risorse (sembra che il comparto ortofrutticolo abbia già registrato perdite per 300 milioni di euro) così come il fatto di essere una semplice pezza ad una situazione critica da tempo. Di fronte a tutto ciò, torna prepotentemente in campo lo strumento della qualità e delle garanzie su di essa. A questo quindi, deve servire la ricerca applicata. Come quella che ha dato origine al cosiddetto "naso elettronico" in grado di analizzare la qualità della frutta che va sulle nostre tavole attraverso l'esame del grado di maturazione, ma anche della presenza di residui chimici. Queste strumentazioni - già applicate in passato per l'olio di oliva -
sarebbero inoltre utili sia per determinare la qualità intrinseca della frutta e la presenza di sostanze indesiderate (residui), ma anche la rintracciabilità della zona di origine del prodotto trasformato o fresco. Si tratta del risultato di ricerche, presentato recentemente alla Accademia Nazionale di Agricoltura di Bologna, che potrebbero avere usi molto ampi e un unico risultato concreto: far acquisire valore aggiunto al prodotto agricolo. Il rilancio del settore passa anche per questo.
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