I Salmi Davidici di Orlando di Lasso armoniose invocazioni penitenziali
domenica 13 agosto 2006
Quando i suoi Psalmi Davidis P'nitentiales vennero stampati nel 1584, Orlando di Lasso (1532-1594) era il compositore più famoso e conteso d'Europa; «le plus que divin Orlande», come veniva chiamato in Francia, poco più che ventenne era già stato maestro di cappella in San Giovanni in Laterano a Roma e dal 1563 ricopriva la prestigiosa carica di Hofkapellmeister al servizio del duca Alberto V di Baviera. Nel suo ricchissimo catalogo, che al momento della morte sarebbe arrivato a contare oltre duemila titoli, ha trovato spazio ogni forma compositiva vocale in uso all'epoca: chansons, Lieder, madrigali, moresche e villanesche di carattere profano si accompagnano così ai grandi fondamenti del repertorio sacro, costituiti da cantici, inni, Lamentationes, Lectiones, litanie, messe, mottetti, Officia, Passioni, responsori.E poi ci sono i Salmi, come quelli Davidici recentemente registrati con gusto raffinato e tecnica impeccabile dal direttore belga Philippe Herreweghe e dal Collegium Vocale Gent (2 cd pubblicati da Harmonia Mundi e distribuiti da Ducale): uno straordinario compendio di brani incardinati sul tema del pentimento e della penitenza, concepito all'insegna di un linguaggio musicale in cui melodia e armonia si fondono tra imponenti sezioni accordali e articolati passaggi in imitazione, tra una nitida esposizione verticale (nota su nota) e un fluido eloquio orizzontale (frase con frase). In una mirabile sintesi dove equilibrio strutturale e perfezione formale sanno sempre piegarsi all'imperativo categorico di «muovere i più alti affetti», sulla scia di quella innovativa poetica madrigalistica di scuola italiana che aveva a quel tempo già lasciato cadere alcuni dei suoi frutti più maturi.Perché, come ebbe modo di affermare l'umanista fiammingo Samuel Quickelberg di fronte a questo sublime capolavoro, «Lasso ha espresso il contenuto così bene, con una melodia dolente e malinconica, adattando, dov'era necessario, la musica al soggetto e alle parole, esprimendo il potere nelle diverse emozioni, presentando il soggetto come se fosse recitato davanti agli occhi, tanto che non si riusciva a capire se fosse più la dolcezza delle emozioni ad abbellire le malinconiche melodie o le malinconiche melodie la dolcezza delle emozioni».
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