All’inizio era un blog: Hauwa scriveva di sé stessa, raccontava gli abusi che aveva subìto nella sua vita sentimentale, dei soprusi sul lavoro, dei suoi diritti negati: tutte situazioni legate alla sua precaria salute mentale. Parlava in terza persona, perché non voleva che rimanesse un fatto personale, ma che altre donne nella stessa condizione fossero incoraggiate ad aprirsi e a raccontare tutte le discriminazioni patite.
Il blog, nato nel 2015, si chiamava “She writes woman”, e a distanza di 10 anni è cresciuto fino a diventare il network di riferimento per il supporto a chi soffre di malattie mentali in un Paese come la Nigeria, dove a fronte di 224 milioni di abitanti ci sono appena 200 psichiatri, e dove chi vive un disagio psichico è stigmatizzato fino ai casi estremi della persecuzione con la falsa accusa di “stregoneria”.
Protagonista di questo traguardo che le ha procurato una ribalta internazionale è Hauwa Ojeifo, trentaduenne che dalla capitale amministrativa Abuja, in videochiamata con Avvenire, il viso incorniciato da un velo color rosa shocking, racconta che uno dei suoi momenti più belli è stato quando, nel 2020, ha tenuto un discorso pubblico all’Assemblea Nazionale nigeriana per dire che la malattia mentale non è una vergogna, che è necessario non lasciare solo chi ne soffre e organizzare servizi sanitari adeguati e diffusi sul territorio, appoggiati alle comunità locali. Era la prima volta che qualcuno parlava apertamente in Parlamento di salute mentale e da quel discorso è nata la prima legge di tutela. Hauwa successivamente ha tenuto discorsi all’Onu e ricevuto riconoscimenti internazionali.

Hauwa Ojeifo - H.O.
«Sono stati anni di lavoro duro, difficile, soprattutto perché abbiamo lavorato all’interno di un sistema che non funziona. Rimane tantissimo da fare, ma abbiamo mosso le acque», dice Hauwa, che da tre mesi è diventata mamma del suo primo bambino. “She writes woman” da blog di una donna che scrive di donne, ora è una organizzazione che comprende una help line attiva 24 ore su 24, un servizio gratuito di “teleterapia”, un sito internet che dà voce alle persone con disagio mentale, supporta i loro diritti e lavora a fianco delle comunità locali della Nigeria per creare servizi di cura. «Vengo da una famiglia in cui a noi quattro fratelli e sorelle veniva chiesto il massimo – confessa –. Sono cresciuta nella cultura dell’eccellenza. E così oggi svolgo il mio lavoro: quando faccio una cosa, la devo fare con il massimo dell’impegno».
Hauwa è passata dall’esperienza di una relazione abusante ai sintomi di un disordine bipolare non diagnosticato che l’ha portata al pensiero di suicidarsi. Finché ha chiesto aiuto a uno psichiatra. E da quella decisione – letteralmente una questione di vita o di morte – è nata quella successiva: parlare a voce alta della sua sofferenza, raccontare la lotta contro la malattia. «Ho capito che così potevo aiutare altre persone, e cambiare le cose intorno a me, nel mio Paese», continua Hauwa. Prima di diventare una piccola celebrità in Nigeria e all’estero, trascorreva molte ore rispondendo alle persone che chiamavano la help line.
«Sette su 10 delle donne affette da un disagio mentale che si rivolgono a “She writes woman” hanno esperienza di un qualche tipo di violenza domestica. Le altre 3 non è che non le hanno mai sperimentate ma non le riconoscono come tali. Questo per dire quanto nella nostra società le violenze nei confronti dei malati mentali sono “normalizzate”». La help line di “She writes woman” mantiene l’anonimato di chi chiama, perché la salute mentale è un argomento molto sensibile, quindi nemmeno gli operatori sanno con chi hanno a che fare. Ma una chiamata ricorrente era stata particolarmente delicata, i colloqui erano stati lunghi, profondi. «Nella chat condivisa sul sito alcuni giorni dopo ho trovato la frase: grazie per avermi salvato la vita». Il “grazie” più bello.