Festa che ha dato avvio all'Italia democratica
domenica 25 aprile 2021
Il 25 aprile del 1945 il Comitato di liberazione nazionale Alta Italia proclama l'insurrezione generale e sin dall'anno successivo la data del 25 aprile viene scelta per celebrare la festa della Liberazione dal nazifascismo. L'istituzione di questa festa, quindi, precede la stessa nascita della Repubblica. Non è soltanto una questione di cronologia. Della Repubblica, infatti, la Liberazione rappresenta il presupposto storico e politico. Lo documenta la connotazione antifascista della Costituzione, diffusa in tutto il testo e resa esplicita nelle disposizioni transitorie e finali. Laddove, come ha chiarito la Corte costituzionale (per esempio nell'ordinanza 323 del 1988), la norma che vieta la ricostituzione del partito fascista, al primo comma della XII disposizione, «è da definirsi “finale” e non “transitoria”». L'atto formale con cui viene istituita la festa dell'anniversario della Liberazione è il decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1946 n. 185. Ma già in precedenza, dopo la caduta del regime e prima ancora della fine della guerra, si era posto il problema di cancellare le ricorrenze ideologicamente identificabili con il fascismo. Vi aveva provveduto il governo guidato da Ivanoe Bonomi con la circolare 16.939 del 4 novembre 1944, intitolata appunto “Festività”. Il provvedimento autorizzava provvisoriamente la festa della Vittoria (4 novembre), gli anniversari dei Patti Lateranensi e della scoperta dell'America (11 febbraio e 12 ottobre), la festa del Lavoro (1° maggio). Tornando al decreto legislativo del '46, esso viene promulgato da Umberto di Savoia in quanto luogotenente generale del Regno (Vittorio Emanuele III non aveva ancora abdicato). In calce al testo compaiono le firme del proponente, Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio nell'ultimo governo dell'era monarchica, e del ministro del Lavoro, il socialista Gaetano Barbareschi, in “concerto” per le norme su prestazioni e retribuzioni. C'è, come di rigore, anche il visto del ministro guardasigilli, Palmiro Togliatti. Nell'articolo 1 del decreto si afferma lapidariamente che «a celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». Nell'articolo 3 si elencano, «fino a quando non venga diversamente stabilito», i giorni da considerare festivi: il 25 aprile, il 1° maggio, l'8 maggio (anniversario della Vittoria in Europa, giorno della resa della Germania nazista) e il 4 novembre. Per arrivare a un'organica sistemazione della materia bisognerà però attendere la legge n. 260 del 27 maggio 1949, quella in cui il 2 giugno, «data di fondazione della Repubblica», viene dichiarato festa nazionale. La stessa legge fissa come festivi anche il 25 aprile, il 1° maggio e il 4 novembre (oltre ovviamente alle date di carattere religioso), disegnando un quadro che sostanzialmente reggerà fino al 1977, quando l'austerity seguita alla crisi petrolifera indurrà modifiche rilevanti. A promulgare la legge 260 non è più un Savoia, ma il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi. Il capo del governo però è lo stesso, Alcide De Gasperi, impareggiabile traghettatore del Paese da un sistema all'altro, lui stesso testimone del legame che unisce la festa della Liberazione alla festa della Repubblica. Ne fa testo un passaggio del memorabile discorso del 10 agosto 1946 alla Conferenza di pace di Parigi: «Ho il dovere innanzi alla coscienza del mio Paese e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano; ma sento la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in sé le aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universalistiche del cristianesimo e le speranze internazionalistiche dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione tra i popoli che avete il compito di stabilire».
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