È la bellezza di un gesto, non la vittoria, a cambiarci la vita
mercoledì 31 gennaio 2018
Roberto Saviano nel 2012 pubblicò un piccolo libro dal titolo evocativo: "Supersantos", il nome di quel pallone arancio fuoco con cui tutti abbiamo, in gioventù, giocato. Racconta la storia di quattro ragazzini che diventeranno uomini fra le strade di Gomorra e della loro passione per il calcio. In particolare, uno di loro, Dario, è un ragazzo così bravo a giocare a pallone, che un boss della Camorra lo assolda, insieme ad alcuni amici, per fare il palo al proprio territorio, luogo di contrabbando e stoccaggio della droga. Ai giovani calciatori, impegnati in quotidiane e infinite partite nei vicoli di Napoli, viene chiesto di calciare la palla lontano, urlando la frase: «'O pallone!» quando occorre avvisare che le forze dell'ordine si stanno avvicinando.
Un giorno Dario ha il pallone tra i piedi, davanti a lui due difensori e il portiere avversario fuori dai pali. Chissà come, gli viene in mente un'azione vista alla televisione pochi giorni prima in Atalanta-Juventus. Gli viene in mente un dribbling di Evair, un brasiliano tozzo finito all'Atalanta quasi per caso. Dario gli assomiglia, persino fisicamente. Proprio in quel momento un'auto della polizia arriva nel vicolo, ma lui inaspettatamente continua la sua azione. Fra la sorpresa e la tensione generale tutti iniziano a urlargli «'O pallone! 'O pallone!», ma lui ostinatamente continua la sua azione ispirata, in qualche modo, dal brasiliano Evair. Insomma, va a finire che quel giorno la polizia identifica tutti i ragazzi e arresta diversi pusher. Il boss della Camorra lo convoca la sera stessa, anzi lo manda proprio a prendere a casa. Suo padre capisce tutto e implora solo una cosa: «Non fategli troppo male...». Impietrito davanti al boss che lo incalza urlando: «Perché? Perché non hai urlato?», Dario dopo un lungo silenzio riesce a dire solo una cosa: «Era troppo bella l'azione che stavo facendo...».
Un gesto meraviglioso, simbolico, assume spesso un significato politico. Quell'azione sublime del campione di serie A oppure del ragazzo che incontri sulla strada, che ti dribbla e tu neanche te ne accorgi. Ti giri e hai soltanto il tempo di vedere il numero che porta sulla schiena. È come uno squarcio, come un taglio di Lucio Fontana sul bianco della tela. Un taglio che, sul ghiaccio, fece nel 1998 Surya Bonaly, ospite nei prossimi giorni di una Ted Conference, una di quegli eventi ispirazionali il cui modello si sta espandendo nel mondo e che hanno lo splendido obiettivo di mettere in comune idee che vale la pena condividere. Surya Bonaly, il 4 febbraio prossimo a Torino, racconterà di sé, ex pattinatrice su ghiaccio francese, naturalizzata statunitense.
Nata a Nizza, ma originaria di Réunion, Surya venne adottata all'età di 18 mesi e cominciò a pattinare all'età di 11 anni. Gli occhi sorpresi di chi la guardava, pattinatrice di colore, scivolare con grazia sul candore del ghiaccio, furono presto rapiti dall'espressione del suo talento. Campionessa nazionale francese per nove anni consecutivi ed europea per cinque, Surya è stata la prima donna nella storia del pattinaggio a tentare un salto quadruplo agli Europei del 1989. Partecipò ai Giochi Olimpici Invernali del 1990, arrivando quinta, e poi a quelli del 1994, terminando al quarto posto. Sempre ai piedi del podio olimpico, dunque. La sua celebrità, tuttavia, non è legata alle medaglie vinte o mancate: Surya è l'unica pattinatrice al mondo che è stata in grado di compiere un backflip (salto mortale all'indietro) atterrando su un piede solo. Il suo taglio sulla tela, come Lucio Fontana, lo graffiò sul ghiaccio nel 1998 ai Giochi Olimpici di Nagano. Nel corso della sua prova alcuni piccoli errori fecero svanire la possibilità di vincere e allora Surya, cambiando un paradigma, inserì il salto – vietato nelle competizioni ufficiali – nel suo programma lungo. Venne ulteriormente penalizzata dai giudici, ma acclamata dal pubblico che le tributò una standing ovation. La bellezza e la completezza di un gesto, a prescindere dal risultato finale, può davvero cambiarci la vita.
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