E il re del giavellotto sbocciò con la Dad
mercoledì 25 novembre 2020
Dopo un lungo silenzio Thomas Bach, presidente del Comitato olimpico internazionale, è tornato a parlare dei Giochi di Tokyo in calendario per la prossima estate. Lo ha fatto nel corso del summit G20, in Arabia Saudita, lodando la determinazione del Giappone, presentando le Olimpiadi del 2021 come un simbolo di resilienza e di unità planetaria e annunciando una campagna mondiale del Cio a favore della vaccinazione anti-Covid. Tutte notizie che ci danno speranza, pur senza sottovalutare le gigantesche difficoltà cui è sottoposto, ovunque, chi si sta allenando per coronare il proprio sogno olimpico. C'è una meravigliosa storia che può essere di ispirazione per quegli atleti a cui tutto, oggi, appare così complicato. Una storia che nasce nella tribù Nandi, in Kenya, la terra dei mezzofondisti e dei maratoneti, la terra di chi corre.
Il protagonista di questa storia, tuttavia, è un ragazzo troppo pesante per la corsa, non ha molto a che spartire con i grandi atleti ed eroi nazionali. A Julius Yego, più che correre, piace guardare i ragazzi scagliare lontano dei bastoni: il suo è un colpo di fulmine per il giavellotto. Il problema è che in Kenya non c'è niente. Non solo non ci sono allenatori per giavellottisti, ma non si trovano neanche giavellotti regolamentari. Nel 2004 è un ragazzo di quindici anni che guarda i Giochi Olimpici di Atene e si innamora definitivamente della disciplina. Entra in un cibercafè e incomincia a studiare su YouTube la tecnica dei grandi lanciatori nord-europei. Li guarda e inizia ad allenarsi così, per mimesi, studiando da autodidatta la tecnica di lancio. Arrivano i primi risultati, tanto da suscitare l'interesse della Federazione mondiale di atletica leggera, che lo invita, nell'inverno del 2011, ad allenarsi in Finlandia, nel centro di preparazione olimpica di Kuortane, la Silicon Valley del giavellotto.
Un keniano nell'inverno finlandese stupisce un po' tutti ma lui è lì per correre dietro al suo sogno non bada al freddo, alla neve, alla lunghissima notte scandinava. A Kuortane si allena di fianco a Tero Pitkämäki, uno di quei campioni che studiava su internet. Hanno lo stesso coach e tutti mettono Julius nelle condizioni migliori, gli insegnano tutto. È un talento pazzesco, un fiore sbocciato nel posto più imprevisto e lì, a Kuortane, l'amore per lo sport è talmente grande che non c'è spazio per nessuna gelosia o segreto. Julius Yego partecipa alle Giochi olimpici di Londra, dove arriva dodicesimo e sembra già una fiaba. Tre anni dopo, nello Stadio di Pechino, quella fiaba si completa nel momento in cui Julius scaglia il giavellotto a 92,72 metri di distanza e diventa campione del mondo. Sul podio, due gradini più in basso, Tero Pitkämäki, proprio quel nome digitato tante volte su YouTube.
Yego sfiorerà una delle imprese più colossali della storia dei Giochi Olimpici a Rio, nel 2016, arrivando secondo. “Quando lancio e vedo il giavellotto volare verso il cielo, sono felice” ripete spesso Mr. Youtube man, così come tutti chiamano Julius. Questo keniano, diventato campione in una specialità nordica contro ogni pronostico e grazie a una sorta di didattica a distanza, possa essere simbolo e ispirazione per tutti gli atleti che oggi hanno un sogno e un percorso così meraviglioso e complicato verso Tokyo 2021.
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