sabato 13 marzo 2004
La somma dei dolori possibili per ogni anima è proporzionale al suo grado di perfezione. Ritorniamo su un tema che non di rado ha costellato il "Mattutino", quello della sofferenza. Il dolore è un po' come il sale della vita e senza di esso " pur col suo sapore aspro e acre " un'esistenza corre il rischio di essere scipita. Certo, ci sono prove che torturano e risultano umilianti e incomprensibili e qui scatta la grande ricerca che l'umanità ha fatto su questo tema e si aprono gli orizzonti che le religioni disvelano, a partire
dal cristianesimo che ha nel suo cuore il patire e il morire di un Dio. Tuttavia la sofferenza quotidiana, talora lieve, altre volte lacerante, ha una sua funzione educativa e trasformatrice. Un famoso scrittore come l'americano Saul Bellow, Nobel 1976 della letteratura, non esitava ad affermare che «la sofferenza è forse l'unico mezzo valido per rompere il sonno dello spirito». Oggi ho proposto una frase parallela a quella del romanziere statunitense. La trovo mentre sto leggendo Frammenti di un diario dello scrittore svizzero ginevrino Henri Frédéric Amiel (1821-1881), un libro che mi è stato donato qualche giorno fa proprio da un concittadino di questo autore. Esiste, dunque, una proporzione tra sofferenza e perfezione. E' come se il materiale grezzo venisse gettato in un crogiuolo e là, tra l'ardore delle fiamme, le scorie si consumano e brilla il nucleo prezioso. Nel libro del Deuteronomio si ricorda a Israele questo principio: «Riconosci in cuor tuo che come un uomo corregge il figlio, così il Signore tuo Dio ti corregge» (8, 5).
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: