Dieta mediterranea mangia-crisi
sabato 17 novembre 2012
L'agroalimentare cresce di più del resto dell'economia, anche se l'agricoltura segna il passo. Non si tratta di una contraddizione, ma della esplicitazione più chiara di quanto complesso sia il sistema che dai campi porta gli alimenti in tavola, e di quante variabili entrino in gioco nella produzione agricola e zootecnica, ad iniziare dal clima.Stando agli ultimi dati, dunque, il comparto agroalimentare italiano sarebbe in controtendenza rispetto all'andamento generale dell'economia, e a settembre avrebbe fatto segnare un aumento delle esportazioni dell'1,2% per un valore di 2,731 miliardi, superiore a quello delle auto, in calo del 3,7%, su base annua. Un buon risultato, soprattutto se, come ha fatto notare Coldiretti, si pensa che deriva dall'analisi dei numeri dell'export del settembre scorso che registrano in media un calo record del 4,2% delle vendite, il peggior dato dal 2009. La crescita in controtendenza dell'agroalimentare è dovuta ad un aumento del 5,4% delle spedizioni di prodotti agricoli e dell'1,1% di quelle degli alimentari e delle bevande.La locomotiva dell'export nazionale sarebbe quindi l'agricoltura. Ad aumentare, infatti, pare siano state le esportazioni in valore dei prodotti simbolo della dieta mediterranea Made in Italy come pasta, vino e conserve di pomodoro. Tanto che se tutto ciò sarà confermato nei prossimi mesi, il valore dell'export agroalimentare è destinato a far segnare a fine anno il nuovo record con un valore delle spedizioni - stima la Coldiretti - superiore ai 30 miliardi di euro fatti registrare lo scorso anno. Tutto con buona pace dei falsi prodotti italiani che, tuttavia, continuano ad inquinare i mercati mondiali dando del filo da torcere a molte etichette nostrane.In ogni caso quello delle esportazioni è un risultato più che lusinghiero, soprattutto se si pensa che il Pil agricolo ha subìto tagli sensibili a causa del maltempo. La siccità estiva e i nubifragi autunnali avrebbero avuto l'effetto di tagliare i raccolti nazionali che sono in grado di coprire quest'anno appena il 75% dei consumi degli italiani. A indicare il segno meno sembra siano un po' tutte le produzioni agricole e zootecniche nazionali. Mentre la parziale copertura dei fabbisogni nazionali rischia di mettere una serie ipoteca sull'andamento positivo del rapporto fra importazioni ed esportazioni agroalimentari.Su tutto, poi, incombe un'altra minaccia forse peggiore di quella climatica: la riforma della Politica agricola comune (Pac) che sta cambiando l'ammontare e la ripartizione dei fondi comunitari destinati ai campi prevedendo - se non cambieranno le condizioni del negoziato - un taglio alle risorse per il 2014-2020 pari a 25,5 miliardi di euro. Una prospettiva che, come ovvio, ha scatenato proteste da tutto il fronte europeo degli agricoltori e che per l'Italia porterebbe a tagli giudicati «inaccettabili perché compromettono uno dei pochi settori che possono rilanciare l'economia italiana ed europea».
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