martedì 22 febbraio 2011
Un uomo d'affari chiese al maestro: «In che modo la spiritualità può aiutare un uomo di mondo come me?». «Ti può aiutare ad avere di più», rispose il maestro. «Ma come?», domandò l'altro. «Insegnandoti a desiderare di meno», concluse il maestro.

Il gesuita indiano Anthony De Mello, morto nel 1987, è stato criticato anche ufficialmente per una sua visione teologica di taglio sincretistico. Ciò non toglie che molte sue parabole o aforismi avessero un loro suggestivo significato morale. È il caso di questo apologo sul «desiderare di meno». Già san Giacomo nella sua Lettera ammoniva: «Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere» (4,2). Si parla tanto di caduta del desiderio sessuale e questo è vero ai nostri giorni, proprio perché si è ecceduto nella voglia e nell'offerta. Il desiderio delle cose subisce lo stesso effetto: se hai un milione, ti affanni per il secondo; se hai una villa al mare, ne cerchi un'altra in montagna. E alla fine sale alla gola una sazietà che ha il sapore della nausea e che, però, rimane inestinguibile.
Bisognerebbe rileggere un passo del Discorso della Montagna di Gesù (Matteo 6, 25-34) sul «non affannarsi» nell'accumulo, nel possesso, nella sicurezza fasulla. È da questo "affanno" che nasce lo stress, l'insoddisfazione e l'insofferenza per ogni minima difficoltà o mancanza. Si reagisce inviperiti davanti al primo ostacolo o disguido, si assiste a liti omeriche per questioni futili. Vorrei finire con un'altra parabola di De Mello, forse un po' ottimistica ma dalla morale chiara. «Un uomo sull'autobus si trovò seduto accanto a un ragazzo misero con una sola scarpa. "Hai perso una scarpa?" gli chiese. "No, ne ho trovata una", rispose il giovane».
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