Dare la parola alla depressione è amore concreto e che comunica
domenica 10 maggio 2015
C'è una gran quantità di «amore», nella mia ultima navigazione tra siti e blog d'informazione ecclesiale: molto più del solito. Mi rendo conto che l'affermazione è paradossale: come si potrebbe non parlare di amore in fonti che hanno come oggetto e spesso come soggetto la fede in un Dio che è amore e che comanda di amarci l'un l'altro come Lui ci ha amati? Eppure sono sicuro di non sbagliarmi, anche se posso solo portare qualche dato assoluto. «Amore» – intendo proprio la parola – è in effetti presente in una sessantina di testi, e una volta ogni cinque emerge fino ai titoli: perché si cita un nuovo libro di Enzo Bianchi o uno già edito di Bruno Forte, o perché lo si esplora nell'intersinodo accanto ad altre parole grandi come «vocazione» o «indissolubilità».Ma anche perché Papa Francesco, al quale questa provvisoria sovrabbondanza di «amore» deve molto, ha sottolineato, a Santa Marta il 7 maggio, che esso è vero quando è «concreto» e quando «comunica». Ed ecco, il giorno dopo, qui su Avvenire (http://tinyurl.com/pchnq34 ), don Maurizio Patriciello offrire un esempio elevato di amore concreto e che comunica, con un testo che è davvero il più ricco d'amore tra quelli che ho letto, al di là di quante volte vi ricorre la parola.Don Patriciello ha raccontato della depressione di cui ha sofferto «diversi anni fa», nel dichiarato intento di dare consolazione a chi attraversa la prova di questa malattia. Con pudore e con sincerità, con sofferenza e con misura, e naturalmente con fede: ma senza abbassare Dio a terapia. Ottenendo da parte degli utenti digitali una risposta particolarmente calda, nelle quantità e nei toni. Io mi associo di cuore a questo consenso perché sono convinto – l'ho già ripetuto altre volte, qui – che dare la parola alla propria malattia, specie se è di quelle di cui si parla malvolentieri, sia insieme un gesto di testimonianza e un'opera di misericordia. Che si moltiplicano se a farlo è un personaggio dotato di grande reputazione. Le sono grato anch'io, don Maurizio.
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