Crisi politica e reazioni social: vedere, giudicare e pregare
venerdì 1 giugno 2018
Sono tra quelli che apprezzano, nell'insegnamento sociale della Chiesa, il metodo «vedere-giudicare-agire», inventato molti decenni fa dal fondatore della Jeunesse ouvrière chrétienne (Joc), il sacerdote belga Joseph-Léon Cardijn, e poi assunto da innumerevoli documenti ecclesiali, specie in America Latina. Mentre le nuove svolte nella crisi politico-istituzionale in corso in Italia hanno messo in stand-by le reazioni più aspre sui social network, ho letto con interesse l'analisi, proposta sul “Sir” da Massimiliano Padula ( tinyurl.com/ycx6xcmf ), di «quando l'elettore 2.0 si libera delle briglie comunicative», che mette a fuoco l'incoscienza, e dunque l'irresponsabilità, dell'odiatore online, nonché l'odio come «l'antisocialità per eccellenza, la distorsione di ogni relazione autentica, la castrazione di ogni generatività. Tutti dovremmo rendercene conto», non ultimi i soggetti politici. Mi è sembrato appunto il “giudicare” di un unitario ragionamento del quale Gigio Rancilio, qui su “Avvenire” ( tinyurl.com/yal3qnxg ), aveva già, tempestivamente, compilato la parte del “vedere”, senza escludere che il «delirio social» fosse anche influenzato «attraverso le cosiddette botnet (reti di computer comandate a distanza)» e non trascurando il contributo offerto all'immagine di «un'Italia spaccata in due» dai mondi cattolici, con il loro alto «livello di aggressività».
Rimane ancora da scrivere, mi pare, la sezione “agire”, che anche nei documenti ecclesiali era talvolta più debole perché più difficile. Ma nella preghiera per i governanti «comunque siano schierati e qualunque sia il ruolo al quale sono chiamati» che, in sintonia previa con l'appello del cardinal Bassetti da queste pagine, Luigi Accattoli ha proposto sul suo blog ( tinyurl.com/y9vhegdv ), si esprime un'intenzione che in tale agire può essere d'aiuto: che la preghiera, fatta senza parteggiare, contenga anche «un'attesa (...) di misericordia interpretativa verso i concittadini dei quali non condividiamo i convincimenti e le parole con le quali li esprimono».
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