Connessi per ispirazione cristiana con una buona dose di umorismo
venerdì 1 dicembre 2017
Questo potrebbe non essere il posto per parlare di libri, intesi come manufatti di carta stampata avvolta da un più robusto foglio di cartone anch'esso stampato. Ma il libro in questione non è un manufatto di carta stampata, bensì una sequenza di bit leggibile come fosse un libro solo se scaricata su un opportuno dispositivo elettronico. Peraltro si intitola “#Connessi. I media siamo noi” ( tinyurl.com/yawdv5ok ), e già dal titolo intuisco più di un'affinità di contenuti e di interessi. Non da ultimo ho frequentazioni digitali, sia pure di diversa intensità, tanto con i curatori – Tridente e Mastroianni – quanto con tutti o quasi i sei autori – Gheno, Padula, Colagrande, Donaddio, Grienti e Santoro –, e dunque ho motivo di coltivare l'aspettativa che le loro parole, pronunciate al IV Meeting dei giornalisti cattolici e non di Grottammare (giugno 2017) e qui raccolte, possano servire anche a chi come me ama esplorare come si fa a fare i cristiani (e a fare la Chiesa) comunicando in Rete. Dunque, prendo il kindle dal cassetto e faccio mio l'immateriale volume. L'e-reader mi promette che riuscirò a leggerlo in un'ora e 18 minuti, e non si sbaglia di molto.
L'ispirazione cristiana della riflessione che si compone grazie a ciascun contributo non ha bisogno di essere né dichiarata, né esplicitata: al di là delle citazioni di papa Francesco che ogni tanto vi fanno capolino, ciò che la lascia intuire è l'alta considerazione che ciascun autore, dal suo punto di vista, riserva alle persone umane e alle relazioni che essi sono in grado di stabilire tra loro, quale che sia il medium che le veicola. Tale ispirazione diventa esplicita in Fabio Colagrande allorché, nell'indicare «la via dell'ironia per una comunicazione pienamente umana», chiama a testimoni il Vangelo, i mistici e vari Papi, tra i quali soprattutto Benedetto XVI. Mentre, per inciso ma nemmeno troppo, suggerisce che «l'incapacità di assumere un linguaggio affabile, umoristico e autoironico» è «il sintomo più evidente dell'immaturità della comunicazione ecclesiale».
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