Chi impara da un monaco ortodosso e chi da una ragazza alternativa
venerdì 9 settembre 2016
Nella mobile griglia in cui classifico (io, secondo il mio arbitrio, e non i miei robot, con i loro algoritmi) i post d'informazione ecclesiale che leggo ogni giorno, c'è la voce "moderni e antimoderni". Vi pongo le notizie e i commenti nei quali chi parla mi appare, dentro alla Chiesa-popolo di Dio pellegrina nell'età secolare, camminare sull'uno o l'altro confine: o più incline a lasciarsi interrogare da "questo mondo", o più determinato a difendersene. Sono due atteggiamenti che probabilmente convivono in ciascuno di noi. Due post, in questi giorni, mi hanno restituito un'immagine efficace delle ragioni interne dell'uno e dell'altro, e anche di correlazioni e persino di convergenze a prima vista insospettabili. Entrambi orbitano, non a caso, intorno alla liturgia.Aldo Maria Valli, sul suo blog (tinyurl.com/z7gxz4c), racconta, con accenti intensi, degli insegnamenti che sta ricevendo «sulla vita di preghiera e di fede» da un monaco ortodosso, e mette in fila: l'idea che «la divina liturgia merita il rispetto che si attribuisce alle cose più sacre», il «costante riferimento al giudizio del Signore», l'esigenza «di non restare sempre, nella fede, fanciulli» ai quali si giustifica tutto, e infine la necessità di riconoscersi peccatori e invocare la pietà del Signore, via per la salvezza. Marco Pappalardo, sul blog «Vino Nuovo» (tinyurl.com/zvefrjf), narra invece, con forte empatia, di una ragazza dall'aspetto e dai comportamenti non convenzionali, che entra in chiesa poco prima della Messa, forse sotto l'effetto di qualche sostanza, e dà segni di devozione forti e inequivocabili, come un «Beddu Signori» (siamo a Catania) pronunciato abbracciando la statua di sant'Antonio; esce e ricompare verso la fine perché, grida, «vuole prendersi l'ostia», e qualcuno forse pensa: «Si può dare Gesù a una come lei?», mentre l'autore conclude: «Si può dare Gesù a uno come me», che a questa ragazza non ho neppure chiesto il nome?
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