Caro De Gregori, Nino adesso ha paura dei calci di Dazn
domenica 4 aprile 2021
«Ma Nino non aver paura, di sbagliare un calcio di rigore. Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore…». Nella Leva calcistica del '68 e la storia di Nino, simbolo di tutti quei ragazzi che hanno sognato di sfondare con il pallone, c'è molto di più di tutte le immagini delle estenuanti dirette tv del calcio spezzatino, dei commenti inutili dell'opinionismo mitomane o sgrammaticato che siamo condannati ad ascoltare ad ogni fine partita. Quella è una delle «219 canzoni» (suggerisce l'esegeta Deregibus), quasi tutte perle, firmate Francesco De Gregori che oggi taglia il traguardo dei 70 anni. Settant'anni di gratitudine, da parte di tutti noi classe '68-'69 e quelli intorno ai cinquant'anni (e forse anche quelli «intorno ai trent'anni», cantati dal medico-cantautore Mimmo Locasciulli) , nati e cresciuti con le canzoni del “Principe”, con le sintesi registrate dei secondi tempi della Serie A, 90° Minuto e la Domenica Sportiva. Quello passava il convento del calcio ancora più umano e più vero (targato Rai), specie se non si riusciva ad andare allo stadio, causa tutto esaurito al botteghino. Cos'è il botteghino? chiede il millennial collegato dal suo inseparabile smartphone. Piccolo gabbiotto nel piazzale dello stadio, con un oblò da dove l'omino dei biglietti domandava frenetico al tifoso in coda: «settore?», e staccava il tagliando richiesto che a fine partita (tra cori, risate, noccioline, caffè borghetti e un gol urlato fino a sfiatarsi) finiva incollato sulla pagine del diario di scuola. Tra le pagine scure e le pagine chiare delle memorie di cuoio del liceale, un ricordo di carta dei derby anni '80, dell'Olimpico o di San Siro, sta ancora attaccato lì come un decollage di Mimmo Rotella nel diario dei ragazzi della III A. Dateci pure dei nostalgici, ma è forse meglio che tu, ragazzo dell'Europa di oggi, (in Dad e sotto Covid) impari a chiamarle emozioni. Quelle che il cinico calcio in tv intende cancellare o al massimo spacciare freddamente in streaming, dalla piattaforma egemone Dazn. «La passione per il calcio sarà un grande veicolo per la digitalizzazione del Paese», proclama con sicumera l'ad di Dazn, Veronica Diquattro, intervistata da Gabriele De Stefani su La Stampa. Il mondo cambia «e la chiesa si rinnova» canta Gaber. Va bene, e allora via alla nuova campagna di colonizzazione delle menti-tifose, con uno zoom fisso su quelle dei giovani che secondo la Diquattro prediligono «contenuti brevi». Dunque, la signora Dazn ci dice che il classico spettacolo calcistico rappresentato da sempre in 90 minuti va sintetizzato in pochissimi highlights, meglio ancora se nei 144 caratteri di Twitter. Aspettiamoci anche una metamorfosi tattica in campo, magari con il passaggio dal Tiki-Taka al Tik Tok. Sono cose che fanno male al cuore di noi poveri innamorati (e siamo ancora parecchi cara Dazn) del calcio di tradizione che, in questa domenica bestiale, possiamo solo consolarci cantando De Gregori: «Bene, se mi dici che ci trovi anche dei fiori in questa storia, sono tuoi...».
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