Boom di app per controllare i figli, ma è giusto farlo?
venerdì 1 giugno 2018
Spiare e controllare sono due verbi che nel mondo digitale stanno diventando sempre più importanti (e che rischiano di sfuggirci di mano).
Prendete i social. Secondo una ricerca di Global Web Index, il 43% degli utenti li usa anche «per spiare cosa fanno amici, figli e conoscenti». Su Facebook è la settima azione più gettonata. Più popolare che fare gli auguri ad un amico o postare foto personali. E siccome il mondo digitale è diventato bravissimo a cogliere i bisogni delle persone, si stanno moltiplicando le app che permettono ai genitori di controllare i figli attraverso smartphone e tablet. Ci sono Family Locator, Gps Tracker e GPS locator bambini che, per esempio, svelano in tempo reale dove si trovano le persone. Top Spy App si vanta persino di essere stata progettata per controllare «i figli ma anche i vostri dipendenti su un dispositivo mobile o smartphone, che possedete o che avete il diritto e consenso di monitorare».
Lasciamo da parte le app e i servizi per spiare gli adulti e concentriamoci su quelle destinate ai genitori. Da Spyzie a Kids Place, da Screen Time Parental Control a Kids Zone, passando per Family Time promettono quasi tutte la stessa cosa: controllare dove sono e cosa fanno i figli. Volete sapere dove sono adesso? L'app ve lo dice. E così potete anche scoprire in tempo reale se vi stanno dicendo la verità. Potete sapere quali app usano, quali pagine hanno visitato e quali video hanno guardato. I genitori più tecnologici possono persino decidere in anticipo quali applicazioni possono usare i figli e quali siti possono navigare.
Con queste app si può misurare il tempo che i ragazzi passano sullo smartphone e permettere ai genitori di bloccare a distanza gli apparecchi dei figli quando hanno superato un ceto limite, quando è ora di dormire oppure quando sono in castigo.
Tutto questo ha anche degli aspetti legali ed educativi. Per esempio, la legge dice che è vietato spiare un adulto e «che si può derogare solo per finalità difensive, nelle cause di lavoro o in quelle per la separazione». Nel caso dei figli invece i genitori non solo possono, ma devono occuparsi della sicurezza dei ragazzi ma «non devono invaderne la privacy senza motivo». In soldoni: i figli possono essere "spiati" ma solo per ragioni di sicurezza. Anche se sappiamo benissimo che spesso camuffiamo per «sicurezza» ciò che è solo ansia.
C'è poi la questione educativa. È giusto controllarli? E se sì, quanto deve spingersi un genitore a monitorare tecnologicamente i propri figli? Partiamo da un dato di fatto: le continue novità tecnologiche tendono a spaventare i genitori, anche molto giovani, facendoli sentire spesso inadeguati. Il che finisce per aumentare la loro ansia verso i «pericoli digitali», spingendoli a controllare ogni cosa che fanno i figli. E più questi sono piccoli e più le paure aumentano.
Come spiegava però il Rapporto Cisf 2017 «Media digitali e social, educazione e famiglia», curato da Pier Cesare Rivoltella, i genitori che tendono a controllare troppo i figli (aggiungiamo noi, preadolescenti e adolescenti) nel digitale rischiano di fare gli stessi danni di quelli che lasciano fare tutto per lassismo. L'unica famiglia che, secondo il Rapporto, sembra centrare gli obiettivi educativi in maniera efficace è quella «mediattiva». Come si comporta? Discute con i figli come usare le novità tecnologiche, «indica loro cosa è bene e cosa è male e li aiuta ad elaborare un pensiero critico». Tutte cose che hanno più a che fare con l'educazione che non con la tecnologia e che quindi sono alla portata anche di tanti genitori che non si sentono esperti digitali.
Perché voler controllare è giusto e umano – soprattutto se i figli sono piccoli – ma va fatto con buon senso. Perché, come ricordava mercoledì mattina su RadioUno Bruno Mastroianni, «se vogliamo che crescano, i ragazzi devono imparare a gestire la propria autonomia, anche se questo produce qualche inevitabile ansia nei genitori».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: