Sull’onda
Non mi sarei mai aspettato che il signor Kenobi mi invitasse a visitare con lui una mostra di artisti giapponesi
Non mi sarei mai aspettato che il signor Kenobi mi invitasse a visitare con lui una mostra di artisti giapponesi. Accadde a Milano, una decina di anni fa e ammetto che lì per lì, nel timore che un qualche eccesso di orientalismo suscitasse il suo malumore, fui tentato di non accettare. Ma il signor Kenobi fu così convincente nel reiterare la proposta che non potei fare a meno di assecondarlo. Palazzo Reale ospitava in quei giorni una rassegna che riuniva disegni e dipinti di maestri indiscussi come Utamaro, Hiroshige, Hokusai. Una xilografia di quest’ultimo, La grande onda di Kanagawa, campeggiava sul manifesto della mostra e dentro di me ero persuaso che il signor Kenobi non avrebbe dedicato troppo tempo a quell’immagine fin troppo conosciuta.
Già allora la trovavi dappertutto, su tazze e magliette, su quaderni, ventagli e foulard. Davanti all’artiglio d’acqua pronto ad abbattersi sul monte Fuji, invece, il mio compagno si fermò a lungo, con un’espressione ammirata e un po’ perplessa. «C’è sempre una ragione per cui un’opera diventa più famosa delle altre», disse all’improvviso, interrompendo il suo esercizio di ammirazione. Gli chiesi se avesse compreso quale fosse, questa ragione segreta. «Certo che no – rispose –, altrimenti che gusto ci sarebbe nel continuare a cercarla?».
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