Riforma della giustizia e sanità: serve un dibattito pubblico più sincero

Si diffonde la tendenza a isolare – talvolta ad arte – un profilo dell’argomento operando su di esso una sorta di sineddoche, di parlare di una parte per il tutto
November 21, 2025
Riforma della giustizia e sanità: serve un dibattito pubblico più sincero
/Icp
I temi del dibattito pubblico italiano di queste settimane (quelli veri, non i diversivi, talvolta “sconfinanti nel ridicolo”, che qualche settore della politica non cessa di inventare) soffrono di una sorta di sindrome del riduzionismo. Non mi riferisco, evidentemente, alla logica necessità di presentare tali temi, soprattutto quando implicano risvolti importanti di natura tecnica, in una forma linguistica che permetta anche ai non addetti ai lavori di poterne percepire il nucleo di senso, ma alla tendenza a isolare – talvolta ad arte – un profilo dell’argomento operando su di esso una sorta di sineddoche, di parlare di una parte per il tutto: operazione già di per sé problematica, ancora più grave quando l’elemento così isolato non corrisponde o non corrisponde con esattezza all’oggetto, volta a volta, della discussione stessa.
Prendiamo la cosiddetta riforma della giustizia, che meglio sarebbe chiamare riforma della magistratura e del Csm, visto che in essa di cambiamenti nel funzionamento della “giustizia” non v’è traccia: viene presentata come vertente anzitutto sulla “separazione delle carriere” tra giudici e pubblici ministeri, quando – e tale profilo sta emergendo nelle pressoché quotidiane esternazioni di questo o quel protagonista della vicenda – appare sempre più palese che si tratti di una resa dei conti tra un pezzo del mondo politico (con un pezzo dell’avvocatura), da un lato, e la magistratura penale, dall’altro. E dunque come tale andrebbe valutata dall’opinione pubblica, anche e soprattutto in vista del referendum costituzionale.
Facendo eccezione per il tema della difesa del Paese rispetto ai comportamenti aggressivi e minacciosi di Stati esteri, riassunte con grande chiarezza e lucidità nel comunicato stampa di qualche giorno fa del Consiglio supremo di difesa, e volgendo lo sguardo all’altro grande tema di questi giorni, cioè la sanità (all’interno della più ampia discussione sulla prossima legge di bilancio), ritroviamo la medesima tendenza. In luogo di discutere apertamente sul se e sui caratteri del Ssn, il dibattito pubblico è sviato dall’enfasi posta sulle richieste di alcune regioni di accedere all’autonomia differenziata, cioè senza i limiti dei principi fondamentali della legislazione statale. Tali richieste, che includono anche la disciplina dei fondi sanitari cosiddetti integrativi (in realtà sempre più chiaramente sostitutivi), nonché dei ticket sanitari e delle regole sui professionisti che operano nel settore, sembrano orientate più alla soddisfazione di esigenze dei produttori di beni e servizi sanitari che non al consolidamento di un assetto equo del sistema. In tal modo, tuttavia, si indeboliscono i principi fondamentali del Ssn, a partire da quelli di universalità e di globalità, quest’ultimo inteso, secondo l’ispirazione della legge 833/1978, come intimo collegamento tra prevenzione, cura e riabilitazione. In questa discussione distorta, nella quale vengono a disperdersi le pure apprezzabili intenzioni ministeriali in tema di assistenza sanitaria territoriale e di Case della comunità, è difficile individuare il nodo di fondo, quello di prendere sul serio la nuova sanità territoriale, utilizzando bene l’importante categoria dei medici di famiglia, rendendo attrattiva la cruciale professione degli infermieri di famiglia e di comunità e valorizzando le “farmacie di servizi” (purché siano davvero tali...). Insomma, un dibattito pubblico più sincero si impone.

© RIPRODUZIONE RISERVATA