La forza contro il diritto, ovvero un Order senza Law
Un episodio di queste settimane, rimasto poco noto al grande pubblico, non deve tuttavia passare sotto silenzio, perché ha a che fare con le basi della convivenza civile in uno Stato democratico-costituzionale che voglia davvero restare tale. L’Associazione italiana dei costituzionalisti (AIC), la principale organizzazione di questa comunità scientifica, ha promosso, prima di Pasqua, un dibattito sul proprio sito a proposito del cosiddetto decreto-legge sicurezza, la cui conversione in legge è oggetto in questi giorni di un aspro dibattito parlamentare e nella pubblica opinione. Aperto da una mia “Lettera” che, in qualità di presidente dell’Associazione, era volta a evidenziare i principali problemi, di metodo e di merito, posti da quel provvedimento d’urgenza, il dibattito ha registrato un significativo numero di “repliche”, a opera di qualificati studiosi e specialisti della disciplina. La circostanza che più mi ha fatto riflettere è la generale concordanza dei differenti contributi rispetto alla Lettera iniziale e tra i medesimi, essendo questi tutti tesi a sottolineare plurime problematiche di ordine costituzionale: il passaggio dalla sicurezza come mezzo all’ordine come fine (Quirino Camerlengo); la violazione della riserva di legge in materia penale (Ornella Spataro); il contrasto delle disposizioni del decreto-legge con la responsabilità collegiale del Governo, in quanto rende arduo un controllo sulla sussistenza dei presupposti costituzionali di straordinaria necessità e urgenza (Andrea Cardone); la sottolineatura della “prepotenza governativa” insita nel carattere non meramente provvedimentale di molte delle disposizioni del decreto (Piero Pinna); l’evidente carenza dei richiamati presupposti costituzionali (Paolo Carnevale); la mancanza di un contenuto prevalente, così da ostacolare il necessario controllo da parte sia delle camere, sia del giudice costituzionale [Dario Martire]. Tutti i contributi, poi, sembrano dare per scontato l’esito nel senso dell’incostituzionalità di numerose disposizioni del provvedimento, una volta sottoposte al sindacato del giudice costituzionale. Se aggiungiamo che, accanto a queste letture di taglio tecnico-giuridico, si sono registrate posizioni di forte perplessità e contrarietà espresse in documenti sottoscritti dall’Associazione dei professori di diritto penale e da numerosi costituzionalisti, sarebbe stata auspicabile una qualche cautela o prudenza da parte della maggioranza parlamentare. Il che non è avvenuto, quasi ad attestare una svalutazione dei profili di “diritto” a tutto vantaggio di quelli della “forza”, sia quella dei numeri, sia quella che impregna singole disposizioni del decreto o il provvedimento nel suo insieme. Ora, “La forza contro il diritto” è proprio il titolo che la rivista mensile francese “Esprit” (fondata nel 1932 da Emmanuel Mounier) ha dato al suo ultimo numero, che riflette su talune tendenze recenti della società statunitense. Si potrebbe obiettare che il c.d. decreto sicurezza è espressione di una tendenza nota da tempo, sintetizzata nella nota espressione “Law and Order”. Perché dunque stracciarsi le vesti? Tale obiezione, tuttavia, non sembra cogliere il punto: un “Order” senza “Law” non è ordine, ma dis-ordine, quando non pura e semplice forza. E la politica, se non si lascia afferrare dal diritto, finisce per condividere con quest’ultimo una radicale emarginazione: è questo che si vuole? © riproduzione riservata
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