Torna la Messa per il duca di Ferrara vero capolavoro di Cipriano de Rore
Se il valore assoluto di un disco si può già intuire dai primi cinque minuti d'ascolto, il compact disc (pubblicato da Harmonia Mundi e distribuito da Ducale) che l'Huelgas-Ensemble e il suo direttore Paul Van Nevel hanno dedicato alla figura di Cipriano de Rore (1516-1565) può essere considerato un capolavoro senza tema di smentita. La chanson Mon petit cueur, chiamata a inaugurare questo compendio di opere vocali del compositore fiammingo, rappresenta infatti un gioiello di raffinata fattura e di coinvolgente espressività: ideale introduzione alla significativa selezione di ispirati mottetti (come il metafisico Plange quasi virgo) e plastici madrigali (tra i quali ritroviamo Schiet'arbuscel e Se ben il duol, in seguito considerati veri e propri modelli dall'illustre Claudio Monteverdi) che fa di questo progetto discografico una preziosa testimonianza dell'arte polifonica rinascimentale, ricostruita attraverso la parabola creativa di uno dei suoi più autorevoli esponenti. Ma è nella Missa "Praeter rerum seriem" a sette voci che il programma del disco trova il proprio baricentro; una monumentale opera liturgica costruita sull'omonimo mottetto natalizio di Josquin Desprez e dedicata al duca di Ferrara Ercole II d'Este, presso la cui corte Rore venne ingaggiato come maestro di cappella (prima di entrare in servizio presso i Farnese, di ricoprire la massima carica musicale nella Basilica di San Marco a Venezia e di stabilirsi nuovamente - e questa volta definitivamente - a Parma). Musica, specchio del testo è acutamente intitolato il breve saggio con cui Van Nevel ha accompagnato questa registrazione; ed è proprio questo il riferimento da cui il direttore belga prende spunto per costruire la sua interpretazione. Nell'assecondare tanto i severi dettami dello stile contrappuntistico quanto la fantasia comunicativa delle pitture musicali di scuola madrigalistica, le diverse sezioni del proprium missae offrono infatti a Rore un ambito privilegiato in cui dimostrare una familiarità prodigiosa con la parola sacra e con la profonda vertigine di mistero che è chiamata a evocare; perché, come recitano i primi versi del testo del mottetto originario di Josquin, «al di là di ogni umana comprensione, la Vergine Maria ha concepito il Figlio dell'Uomo».
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