Aiuto, niente è per sempre. Neanche i figli

In questi giorni di regali e incontri più o meno graditi sperimentiamo tutta la delicatezza del rapporto genitori-figli: chi è legato a filo doppio, chi decide di recidere
December 26, 2025
Aiuto, niente è per sempre. Neanche i figli
Luci di Natale in via del Corso, a Roma / ANSA
Come prima cosa moltissimi auguri di buon Natale. Che è da sempre osservato, spacchettato e decostruito dall'antropologia che ne studia i significati spirituali, quelli simbolici e l'intreccio economico che spinge i consumi in questo frangente. Se volete provare a capire meglio perché vi sentite in dovere di ricambiare il dono di un lontano cugino, è il momento di cercare online la Teoria del dono di Marcel Mauss, un grande classico antropologico, ancora estremamente utile per capire perché spesso nel dono natalizio ci sentiamo posseduti da meccanismi e aspettative sociali.
Vorrei però raccontarvi un aspetto di questo Natale che non riguarda tanto l'incontro ritualizzato con parenti lontani ma piuttosto il collasso delle relazioni più strette che anche è diventato oggetto di cronaca giornalistica. Il quotidiano La Repubblica ne dà notizia in questi giorni citando l'hashtag “No contact”, ovvero la scelta di quei figli che decidono di interrompere i rapporti con i genitori mantenendo la distanza anche a Natale, momento per eccellenza di celebrazione del legame familiare. L'articolo arriva alla fine di un anno in cui il tema è emerso più volte in alcune opere culturali di successo, tra cui lo splendido libro vincitore del Premio Strega, L'Anniversario di Andrea Bajani, che racconta di un figlio che chiude radicalmente i rapporti con la coppia dei genitori per interrompere un legame oppressivo e l'ultimo film di Jim Jarmush, vincitore del Leone d'Oro a Cannes, Father Mother Sister Brother, che di nuovo si avvicina al tema.
Intorno a tutte e tutti noi esistono storie così, storie di figli che rompono i legami con i genitori. Sono storie spesso dolorose, molto. Ho pensato a tutto questo per vicende personali e per la lettura del libro di Andrea Bajani. Nella nostra società esistono molti dispositivi giuridici per regolare la fine di relazioni strette: la giustizia ci tutela nelle separazioni da mariti/mogli; tuttavia, non è prevista la libera cessazione del legame di sangue. La giurisprudenza prevede la fine di rapporti presumibilmente nati da una scelta libera ma non contempla che si possano annullare quelli che non scegliamo ma a cui ci capita di appartenere. Non ci avevo mai pensato. Nasciamo dipendenti dai genitori, questa dipendenza genera claustrofobia nell'adolescenza quando, come ci racconta l'antropologia, ogni comunità prevede un proprio rituale per sancire il passaggio all'adultità tramite il distacco dal nucleo in cui siamo cresciuti. Questo distacco però è tollerato se temporalmente limitato, esiste un momento in cui si ritorna per accudire da figli quei genitori che ci hanno regalato la vita.
Il fenomeno No Contact (dal nome di un hashtag usato sui social per condividere storie di questo tipo) racconta la scelta di chi non accetta l'ovvietà di rapporti che generano sofferenza. Sono scelte che portano con sé sensi di colpa e, tendenzialmente, riprovazione sociale. Come sempre, la posizione dell’antropologia suggerisce di non giudicare in modo immediato ma di soffermarsi sull'indignazione come sintomo culturale. Dove c'è indignazione ci sono spesso molte cose date per ovvie e sappiamo che ogni ovvietà, così come ogni senso di naturalezza, sono il risultato di convenzioni radicate. Ci sono molti temi in queste storie e ognuna merita uno sguardo privilegiato. In questo Natale 2025 c'è stata sicuramente un'eccezionalità generazionale, come ci racconta Alba Bonetti nel suo Un Cerchio di Ciliegie, comfort book per chi accudisce persone anziane. I figli di oggi sono la prima generazione a confrontarsi con la presenza di genitori che vivono così a lungo, una generazione di figli impoveriti dalla crisi economica che, nell'assenza di soluzioni collettive, si trovano responsabili di genitori anziani per molto tempo. Si chiamano, vi chiamate, caregivers e sono per lo più familiari stretti, visto che le case di riposo accolgono solo una minoranza degli anziani che richiedono accudimento. Se, come spiega Bonetti, quando siamo genitori possiamo attingere a una memoria dell'infanzia e della crescita per relazionarci con i figli, non abbiamo invece nessuna esperienza dell'invecchiamento che ci permetta di capire cosa stanno vivendo i nostri cari anziani.
Anche questa è una storia dei figli di oggi. In questi giorni di ricongiungimenti natalizi siamo in relazione con tutto questo, abbiamo parenti anziani, figli che decidono di esserci e altri che non ci saranno per scelta, la demografia ci dice che ci saranno meno bambini di un tempo ma sicuramente ci sarà quel cugino a cui avrete preso un regalo un poco a caso ma andava preso. Se può esservi di sollievo pensate che la qualità di tutto questo non dipende solo da voi ma è, è il caso di dirlo, davvero un dato antropologico di una società che, fortunatamente, non smette mai di cambiare e rimescolare le carte di quello che ci sembra ovvio. Abbiamo cura della presenza così come dell’assenza. Auguri di cuore.

© RIPRODUZIONE RISERVATA