Ringrazio il Signore, per questa vita che ho, la mia, con Lui

Non li invidio i prepotenti, provo così a chiamarmi fuori. Ma sto mentendo a me stesso. C’è una prepotenza che invidio e che mi fa inciampare: la prepotenza della felicità.
November 17, 2025
Ringrazio il Signore, per questa vita che ho, la mia, con Lui
“Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi, perché ho invidiato i prepotenti”, questo passaggio del salmo 72 mi colpisce, mi frastorna, mi stana. Così, per difesa, provo sempre a razionalizzare, a giurare che io non provo nessuna invidia per i prepotenti. Per coloro cioè che fanno del potere la loro corazza, per chi usa la violenza, per chi sfodera sistematicamente una insopportabile arroganza, per chi usa la ricchezza come arma per schiacciare i deboli…no, mi dico, io non li invidio i prepotenti, provo così a chiamarmi fuori, a mischiare le sacre parole del salmo all’incenso della mia cappella perché se le porti in alto, lontano, via da me.
Ma sto mentendo a me stesso. Lo so. C’è una prepotenza che io invidio e che mi fa inciampare: la prepotenza della felicità. È quella delle persone che, ai miei occhi, vivono una vita senza problemi. O senza problemi enormi. La prepotenza mite, leggera, gioiosa di chi sembra trovare sempre un posto nel mondo. La prepotenza di chi riesce, di chi non deve fare i conti con grandi perdite, grandi lutti, grandi sconfitte. La prepotenza di chi, quando desidera un figlio, il figlio arriva, e quando vuole una famiglia trova l’amore, quando vuole cambiare il lavoro ecco l’occasione, e se si ammala qualcuno che ama ecco che miracolosamente guarisce…così senza nemmeno accorgermene eccomi ad inciampare nella mia miope visione del mondo, eccomi a rovinare nella polvere della mia meschinità, pregare è faticoso perché svela il cuore, e il cuore non è esattamente sempre puro. Eccomi a terra, a strisciare tra le mie invidie, pronto a fare del ruolo di vittima e di povero il profilo della mia presunta radicalità. Così quando arrivo al passaggio dello stesso salmo che dice “ecco, li poni in luoghi scivolosi, li fai precipitare in rovina”, in un attimo capisco che il prepotente, in verità, sono io.
Prepotenza è credere di conoscere il cuore dei fratelli, prepotenza è giudicare, prepotenza non è la felicità degli altri ma la mia supponenza che, se non fosse codarda, dovrebbe avere almeno la forza di alzare gli occhi e di accusare direttamente Dio, l’ingiusto. Ma quando alzo gli occhi vedo un Crocifisso, inchiodato alle pietre della mia casa. E mi vergogno. Mentre sto scivolando provo ancora ad aggrapparmi all’Uomo del legno, unica risposta credibile alle mie meschinità. E mentre sto, come una barca ormeggiata alla propria salvezza durante l’ennesima tempesta, ecco affiorare il ricordo di quel brano di Vangelo in cui dieci lebbrosi sono stati guariti da Gesù ma solo uno è tornato a ringraziare (Lc 17,11-19). E penso che quell’uomo, quel lebbroso guarito, alla fine avrà ringraziato la malattia, perché senza quel male non avrebbe mai avuto la possibilità di riconoscere un volto di Dio inedito e meraviglioso, di incontrare personalmente il Signore. Intanto la tempesta sta passando, respiro profondamente, ringrazio il Signore, lo ringrazio per la vita, per questa vita che ho, la mia, con Lui.

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