Quando a pregare è il gemito della città

La preghiera più vera non è nelle parole ben dette, ma nei gemiti e nelle ferite degli uomini che nessuno vuole ascoltare
November 24, 2025
Quando a pregare è il gemito della città
“Il dovere della preghiera si adempie meglio con i gemiti che con le parole, più con le lacrime che con i discorsi” stamattina piove, anche il cielo piange, così quando inciampo in queste parole di Sant’Agostino, cedo. Mi inceppo. Come continuare a infilare parole sacre su parole sacre se il mio cuore non geme? Come pretendere di chiamare preghiera questo mio esercizio di lettura dopo le parole definitive del grande santo? Così lascio scorrere il cuore a valle, a immergersi nella vita delle persone, e lo riporto indietro nel tempo, a liberarsi tra i ricordi, lo slego, come fosse un segugio liberato tra i boschi in cerca della preda, che ritrovi l’istinto del vero, mi dico. E la traccia non tarda a mostrarsi, il gemito delle persone prende volto, ecco E., che non ce la fa proprio più perché la vita sembra accanirsi su di lei e dice di non riuscire più a pregare, e io invece dovrei solo ringraziarla perché la sua vita è un rosario incessante rivolto al Padre. Ecco S. che ha perso anni fa l’amore della sua vita, giovanissimo, proprio quando avevano deciso di sposarsi, da quanto tempo non la sento?
Il suo dolore inconsolabile mi fa ancora paura, eppure quella è preghiera, pura spigolosa preghiera. La corsa della cuore non fatica a trovare la traccia di A. che a distanza di tanti anni ancora sta facendo i conti con i lividi lasciati da un’infanzia dolorosa, la penso, il mio cuore si stringe di vergogna pensando a quando io avrei voluto trovare parole buone da dirle ed invece dovevo solo inginocchiarmi al cospetto della sua navata piena di dolore…e continuo, continuo senza fermarmi mai, bacio i volti preoccupati dei miei amici, delle persone che non vedo da tempo, lo faccio come quando si baciano le ferite del Cristo morto il venerdì santo. Slaccio il cuore, lascio che torni a pochi giorni fa, stavo passeggiando in una grande città, è sempre una sensazione strana per me, l’abitudine a vivere in un borgo di sei abitanti rende l’immersione nella folla sempre una piccola prova, mi sembra sempre tanto, troppo e il caos, la velocità, il traffico mi fanno quasi paura.
Non vedo l’ora di tornarmene a casa. Invece stamattina penso che proprio lì io ero nel cuore di una liturgia dolorosa, ero fratello tra fratelli che gemono e forse non sanno nemmeno a chi rivolgere il loro sconforto, e hanno dolori che non sanno condividere con l’Altissimo, e io ero lì e non mi sono accorto che stavo camminando nel cuore di un salmo disarticolato e puro. Lascio che il cuore scorra, segugio di fragilità, e lui raggiunge l’amico prete che mi aveva confidato una crisi ma poi i suoi superiori gli hanno garantito un posto di spicco in diocesi e lui dice che tutto è passato. Così credo che bestemmia vera non sia sporcare il cielo con le nostre recriminazioni ma intervenire cercando sempre di sistemare le cose, di zittirle, di credere di risolvere i problemi cercando di privare l’uomo dei gemiti e del dolore che possono trasfigurarsi in incontro, con se stessi e con Dio.

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