L'arte di sopravvivere, con un minimo di grazia
Piove, e l’autunno stamattina si prende tutto lo spazio. Non resta che resistere, e forse questo umano tentativo può mantenere vivo Dio

L’autunno stamattina si prende tutto lo spazio per decretare la fine dell’estate: piove con violenza sugli alberi ancora carichi di foglie, piove sulle pietre della casa, piove su ciò che resta dell’orto mentre le nuvole bianche e dense spingono il cielo fin sotto i miei piedi; è sempre una situazione strana, mi trovo a vivere come sospeso in un mondo che appare come cancellato.
Non resta che chiudersi in casa e provare a resistere, ormai il corpo conosce la strategia, si ritira, si stringe intorno a un Cuore profondo, riporta a casa i pensieri, le emozioni, i desideri infranti per camminate in montagna che non ci saranno, per il bisogno di vento tra i capelli e di raggi di sole dritti sul volto, tutto riporta a casa, tutto ciò che c’è e tutto ciò che non può esserci, tutto porta a casa il Cuore, a diventare recinto, custodia, per provare a non disperdersi, per provare a non dissolversi nella malinconia, nella nostalgia di vita attiva, nella mancanza di incontri con altri fratelli, nella vita frenetica che stanca ma che riempie i vuoti.
Ci sono giorni come questo in cui il cuore deve chiudersi per difendersi dalla paura di essere già morto. Stamattina il profeta Ezechiele dal capitolo ventiquattresimo del suo biblico libro parlava di greggi e di un divino pastore che in prima persona cerca le pecore disperse e le raduna, un Dio che conduce in rigogliosi pascoli, che si preoccupa di farle riposare, un Dio pastore che cerca la pecora perduta e la smarrita, che fascia la ferita e cura la malata. Mentre prego penso alle tante persone che in questo momento cercano nel cuore della città una strategia per non disperdersi, mettendo musica nelle orecchie, tuffandosi nella lettura di qualche libro, trasformando l’abitacolo dell’automobile in una sorta di cella per eremiti metropolitani, entrando in una chiesa aperta, spegnendo il cellulare, chiudendo gli occhi. Penso a tutte le strategie per provare a resistere al rischio drammatico della dispersione e sento una comunione toccante con tutti gli uomini, con tutte le persone che in questo momento tentano di provare l’arte di sopravvivere con un minimo di grazia, mi pare di sentire la stessa identica tensione a voler testimoniare che la vita val la pena di essere vissuta sempre, mi sento meno solo, ringrazio. E penso che in qualche modo questo umano tentativo di resistenza spirituale mantenga vivo Dio, lo faccia camminare alla ricerca di noi pecore disperse dentro i traffici del nostro cuore, dentro la paura di non essere all’altezza, pecore che tentano di tenere viva la nostalgia per i pascoli dell’Eterno dove finalmente non ci sarà più il pericolo di smarrirsi, penso a questo Dio e lo sento vicino ai nostri smarrimenti e sento che è Lui, vivo e presente, ad accompagnare ciò che siamo nel centro del Cuore, come fosse un ovile, come fosse il suo abbraccio.
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