Un gioco da montare, un bullone storto e tanta gratitudine
Le due della notte: la cucinetta di Giovanni (il suo regalo) è da costruire. C'è sempre un impiccio. Poi tutto procede. Così, semplicemente: un Natale di pace in una casa calda

Le due della notte di Natale. Cenato, sbaraccati i piatti, dalla cucina il ronzio familiare della lavastoviglie a pieno carico. Potrei andare a dormire. Ma, un grosso pacco mi guarda da sotto l’albero. La cucinetta di Giovanni, un anno. Non sta ancora in piedi, ma già vuole lavorare di mestoli. Ed è il suo regalo, e domattina deve essere pronta. Ne ho montati tanti, quando i figli erano piccoli, a quest’ora del Natale, di cavalli a dondolo e case di bambole, nel silenzio della casa addormentata. E dunque cacciavite e martello, e si lavora.
Spero almeno che le istruzioni siano comprensibili. I disegni esplicativi mi paiono evasivi. La traduzione italiana claudicante. Forse è meglio tradurre la versione cinese con l’Ia. Ad ogni modo, ho fatto di peggio. Ricovero viti e bulloni in una tazza, allontano i gatti di casa, subito volonterosi di dare una mano, e mi accingo ad assemblare. All’inizio, tutto scorre liscio. Poi, non trovo una vite. Possibile manchi una vite? Ma colgo il gatto capobranco che si allontana quatto, con aria colpevole. Ha una vite in bocca. Breve zuffa. Ridammela, ladro. Lui se ne va offeso.
Il montaggio pare procedere sereno, la cucina prende forma: forno, lavandino. Ma, lo so per esperienza, che una crisi c’è sempre. Quando, quasi all’ultimo, un bullone fondamentale, quello che tiene in asse tutto, non entra. No, non vuole proprio entrare. Lo osservo: che sia fresato male? Insisto, sudo. Maligno bullone. Sempre così: anche nelle vecchie notti di Natale c’era, all’ultimo, una vite spanata, qualcosa che si metteva di traverso. Profondamente contrariata, allora come stanotte, decido che quando ci vuole ci vuole: la forza. Due secche, nette martellate che fanno sobbalzare i gatti attorno a me. Fatta. È entrato, l’infame bullone storto.
La cucinetta luccica sotto l’albero. Spengo le luci, finalmente a letto. Ecco, semplicemente un Natale così, come gli altri, con i pacchetti all’ultimo minuto e l’ansia dell’arrosto che brucia. Con la Messa, prima di cena, e i bambini eccitati che corrono per le stanze. Semplicemente un Natale così: ci siamo tutti. Domattina in sala troverò quindici palle tirate giù dall’albero. La banda dei gatti manda in cima la più piccola, quella lancia giù le palle, poi si gioca: a bocce, a bowling. Si divertono un mondo. Toc, toc, le palline che cadono nel silenzio della notte. Semplicemente un Natale così, in un Paese in pace, in una casa calda, con tre nipoti piccoli. Non me ne ero accorta, nell’affanno degli ultimi giorni: ma quanto c’è, mio Dio, da ringraziare.
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