Sono tutti normali. E poi, c’è la notte
Cosa lega i giovani che a Milano hanno accoltellato un ragazzo, il 19enne di Paderno che ha sterminato la famiglia, il barman che ha ucciso la fidanzata incinta?

Sono tutti “normali”. I cinque fra i 17 e i 18 anni un mese fa, di notte, a Porta Garibaldi, centro della movida di Milano, hanno aggredito a calci e pugni uno studente di 22 anni e poi, quello già a terra, lo hanno accoltellato. Il ragazzo riporterà danni, forse, permanenti. Li hanno intercettati: «Speriamo che muoia, così non parla». Quei cinque vengono da un quartiere borghese di Monza, tranquillo, nordicamente ordinata la raccolta dei rifiuti. Nei megacentri commerciali a un passo c’è tutto quanto si possa desiderare, e nell’approssimarsi del Natale un’abbondanza di cibo tanto esibita da fare quasi paura. In quel quartiere non manca niente. I cinque vanno a scuola. Questa violenza esplosa come una molotov - e non è certo il primo caso sulle cronache - spaventa anche per l’assoluta casualità nella scelta della vittima. Uno studente che, “fatta serata” come si dice, se ne tornava a casa. Poteva capitare a chiunque. Milano - ci sono nata - non mi ha mai fatto paura. Ero ragazza ai tempi delle Br, ma sapevo che gli obiettivi dei terroristi erano “i nemici del proletariato”, e non quelli come me. Anche quando, a vent’anni, ho cominciato a fare la cronista di “nera”, la realtà dei regolamenti di conti nelle periferie non riguardava il “mio” mondo. La violenza, quando non era strage indiscriminata e atroce come a piazza Fontana, mirava a ben determinate categorie di soggetti. Oggi, sembra che possa capitare a chiunque. Non importa chi sei e non importa la ragione. Quei cinque, quella notte, giravano annoiati in cerca di una preda, come un branco di animali selvatici. L’hanno quasi ammazzato, quello sconosciuto coetaneo. Quale rabbia, sgorgante da dove, li governava? Ma: erano tutti “normali”. Come il 19 enne che mesi fa a Paderno Dugnano ha sterminato la famiglia. Come il barman del Caffè Armani di via Manzoni che ha ucciso la fidanzata incinta. Tutti “normali”. Normali, o avvolti nel silenzio in cui lascia la continua frequentazione dei social? Perché una delle conseguenze del vivere sul web è anche che o digiti sulla tastiera, o taci. Sui mezzi, sui treni dei pendolari c’è un silenzio che non c’era mai stato prima: tutti chini sul loro smartphone, giovani monadi che tornano a casa, dicono ciao, cenano senza parlare. In quel grande silenzio sono tutti “normali”, giacché non scambiano una parola vera. Poi, c’è la notte. La realtà, finalmente. Ma forse è dura da sopportare, se tanti hanno bisogno di sostanze e alcol. Forse, manca del tutto dai mega centri commerciali, e dall’orizzonte, una cosa sola: la speranza. Nel prossimo, nel futuro, in un amico, in un Dio. Tornano a casa molto tardi, stravolti. Una notte però spunta, come dal nulla, una feroce rabbia. Piange sulla porta di casa la madre di uno degli aggressori: «Prego per quel ragazzo in ospedale», dice, povera donna. Piange, incredula, anche per suo figlio. Mai accorti di nulla. Sembrava assolutamente normale.
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