Nascere a Milano
 oggi è una cosa da “bocia"

Pochi ormai si chinano su un bambino e sorridono, quando lo incontrano. Restano le madri straniere lontane dai loro figli, o qualche anziano. Ma accade ancora
October 26, 2025
Quando, 30 anni fa, portavo i figli in passeggino per Milano, era un continuo incontrare passanti che guardavano i bambini e sorridevano, o ne chiedevano il nome, e gli facevano ciao. Al mercato rionale di via Senigallia, a Porta Ticinese, c’era la signora del banco dei polli che impazziva per il mio secondogenito, pacioso e paffuto, e ogni volta gli gridava dietro: «Ciao, bel morettone!» ad alta voce, tanto che tutti si voltavano. Era l’inizio degli anni ’90, e ancora attorno a me percepivo una città che guardava con simpatia ai nuovi bambini. Da pochi anni porto a passeggio i miei nipoti. Il primo è nato nel 2020, l’anno del Covid, gli altri due e tre anni dopo. Avevo il ricordo di quel calore attorno al passare di un neonato, e le prime volte sono rimasta meravigliata: nessuno o quasi si chinava più a guardare una carrozzina. Il lockdown era da poco finito, e ho immaginato che tanti fossero ancora sotto a un’ala di paura, di non desiderio di contatto. Poi però anche il Covid è passato, e noto che quel velo di indifferenza è rimasto addosso ai milanesi, o almeno a molti. Non sorridono più, al passaggio di un bambino piccolo che magari li guarda, curioso. Preoccupazioni, pensieri, fretta: e quasi tutti vanno oltre, per la loro strada. Mi colpisce questo cambiamento di sguardo, come il segnale nascosto di una metamorfosi in noi. Come se in fondo ci si chiedesse se venire al mondo è ancora cosa buona – in questo mondo sotto la spada di Damocle di armi, che nemmeno osiamo immaginare. Le ragazze, le giovani donne proprio non voltano gli occhi a seguire un bambino, quasi che un figlio fosse l’ultima delle ipotesi nei loro pensieri. I soli che, su un autobus affollato, si chinano su un passeggino per distrarre un bambino che piange, sono le straniere, sudamericane o dell’Est, le badanti o colf con i figli lontani. E, anche, le persone anziane. Non tutte: molte sono chiuse e assorte nei loro pensieri. Però ci sono ancora vecchie signore che sono contente di vedere un bambino nuovo: hanno oltre ottant’anni, camminano col bastone, visibilmente affaticate, ma sorridono a un bambino piccolo – come convinte che nascere sia una cosa buona. Ci sono anche nonni, quelli vestiti più modestamente spesso, che si rivolgono al nipote in lacrime con tono autorevole e bonario: «Ehi bocia, cosa c’è? Basta piangere, che sei grande ormai», e sorridono. E il bambino smette di piangere e guarda meravigliato lo sconosciuto che capelli bianchi che lo chiama amichevolmente bocia, come un coscritto di altri tempi. Allora anche su un bus 57 affollato la sera registro, nella indifferenza come una cappa fredda, una piccola aurea di benigna solidarietà, e speranza: nascere a Milano, tuttavia, è ancora cosa buona.

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