Ucraina, giustizia e manovra: così Meloni vuole chiudere il 2025

Intesa sul decreto, dopo le modifiche chieste dalla Lega: aiuti militari ma «priorità ai civili», aggiunti i riferimenti a logistica e sanità nella ricostruzione del Paese. Attesa per il via libera definitivo alla Legge di bilancio. Sul referendum il governo va di corsa: l'ipotesi di un voto l'1 e 2 marzo
December 29, 2025
Ucraina, giustizia e manovra: così Meloni vuole chiudere il 2025
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera nei giorni scorsi
Il governo prova ad accelerare. E dopo le scintille sulla manovra pare tornato il sereno. Sul decreto Ucraina la strada è in discesa. L'accordo - come si era scritto - c'è e pare tenere in vista del Consiglio dei ministri fissato per le 15 di oggi. Dove una qualche concessione al Carroccio pare solo questione di forma e non di sostanza.  Il ministro della Difesa Guido Crosetto conferma l'intesa raggiunta. Si tratterebbe di una formula che include anche aiuti destinati alla popolazione civile. Insomma al pacchetto armi si aggiungono anche aiuti civili spalmati sulla logistica, la sanità e la ricostruzione della rete elettrica. Anche se la sostanza non dovrebbe cambiare rispetto ai decreti che in questi quattro anni hanno permesso di inviare dodici pacchetti di rifornimenti.
La Lega proverà ad alzare la "sua" bandiera e a spiegare quanto sia fondamentale che i soldi degli italiani vengano impiegati per aiutare la popolazione stremata e «quindi più che mandare armi per attaccare e distruggere, si deve puntare sulla strategia difensiva, sulla logistica, su come proteggere i civili, come scaldarli, curarli». Un ragionamento rafforzato dalle mosse pubbliche di Matteo Salvini, sceso in campo direttamente nelle ore che hanno preceduto l'intesa con Palazzo Chigi ponendo dei paletti precisi al decreto. In questo quadro, il sostegno alle mosse di Donald Trump per porre fine alla guerra diventa decisivo secondo il leader. «Ci sono migliaia di morti ogni giorno, un massacro insensato per una guerra che ormai è chiaro a entrambi i fronti che nessuno vincerà sul campo», ripete il vicepremier nei "faccia a faccia" privati e nelle dichiarazioni pubbliche. Intesa chiusa e decreto oramai blindato. L'altro vicepremier e leader di Forza Italia Tajani spiega così l'accordo: «L'Italia continuerà ad aiutare l'Ucraina come ha sempre fatto dal punto di vista politico, dal punto di vista finanziario, dal punto di vista infrastrutturale, dal punto di vista dei beni necessari per ripristinare la rete energetica che è stata colpita dai russi... Continueremo ad inviare aiuti militari, sperando che tutto questo non serva perché si raggiunge la pace e da questo punto di vista il governo è unito. Alla fine il centrodestra trova sempre una soluzione, si trova sempre la sintesi, mi pare che questa è una sintesi molto equilibrata e anche giusta: aiuti all'Ucraina, militari, economici, politici, finanziari e anche in beni che stanno partendo per la ristrutturazione della rete elettrica che è quella che crea maggiori problemi alla popolazione civile».
Sull'agenda di Giorgia Meloni non c'è solo il dossier Ucraina. Si attende infatti il semaforo verde della Camera alla legge di bilancio. E nel Cdm di oggi il governo dovrebbe sciogliere un secondo nodo: quello sulla data del referendum Giustizia, quello dove verrà messo nero su bianco la separazione delle carriere di giudici e pm. L'indicazione dell'esecutivo resta quella di tenere la consultazione il più presto possibile. Anche in questo caso il timing dovrebbe essere quello ipotizzato da settimane. Si dovrebbe andare verso la data del 1 e del 2 marzo. Poi inizierà la vera battaglia sulla riforma costituzionale voluta dal governo. Il comitato per il sì vicino al centrodestra che mette insieme magistrati, docenti universitari e avvocati guidati dall'ex giudice costituzionale Nicolò Zanon dovrebbe agire da piazza Cavour. Sul fronte del no oggi sono scesi in campo i leader dell'opposizione. Anche per far sì che non ci siano accelerazioni da parte dell'esecutivo. «Non ci stiamo a questa riforma, ai tentativi di accelerare i tempi del referendum per non permettere al fronte del No di informare i cittadini e crescere mentre i tanti media in mano alla propaganda del governo continuano a diffondere notizie false sui contenuti e sulle conseguenze di questa riforma», ha scritto il leader M5s Giuseppe Conte sui suoi social. Sulla stessa lunghezza d'onda la leader del Pd Elly Schlein. «Serve anche la tua firma contro la riforma Nordio! I cittadini hanno avviato la raccolta firme contro la riforma Nordio, devono raccogliere 500mila firme per il referendum. Firma anche tu per dire no alla volontà del governo Meloni di assoggettare la giustizia e la magistratura al potere di chi governa», il suo appello su Instagram. La replica affidata al presidente dei senatori di Fi Gasparri: «Noi votiamo sì per porre fine alla politicizzazione della magistratura e per porre fine all'uso politico della giustizia». 
Sui nodi presenti e quelli futuri fa il punto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani. A cominciare dalla Manovra. «Abbiamo fatto tutto il possibile per rispettare i tempi. Purtroppo da anni si arriva sempre a queste condizioni: non è la prima volta e temo non sarà l'ultima. Mi dispiace per la Camera, ma il Senato non è stato un passacarte e ha avuto modo di intervenire rivedendo, correggendo e modificando in maniera significativa la Legge di bilancio». Poi uno sguardo al 2026. Sarà davvero l'anno del premierato? «L'anno che precede le elezioni sarà molto tosto - aggiunge Ciriani - come ha detto Giorgia Meloni, sotto ogni punto di vista. È evidente che sia il premierato sia l'autonomia differenziata dovranno essere in cima all'agenda politica del governo. Dopo il referendum, le riforme saranno al primo posto nell'elenco delle cose da fare». Poi un ultima rassicurazione sull'intesa sul decreto Ucraina. I distinguo della Lega sono rientrati? «La sostanza non è mai cambiata. Il nostro sostegno all'Ucraina è sempre stato netto e dichiarato. Tutti gli interventi sono di natura difensiva».

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